Un altro tempo, un’altra politica: impossibile avere la controprova su come sarebbe stato affrontato il tema ddl Zan, di certo le forze oscurantiste di oggi rendono tutto molto più complicato.
“L’argomento di oggi non si sarebbe neanche potuto sfiorare ai tempi di mio padre. Rispetto a venti-trenta anni fa il quadro politico è completamente diverso, è cambiato un po’ tutto, è cambiata anche la Chiesa…”.
Stefano Andreotti, terzogenito del ‘Divo Giulio’, parla della legge Zan alla luce delle polemiche sollevate dai ‘rilievi’ del Vaticano.
Il figlio dell’ex leader Dc è convinto che il padre avrebbe risolto la querelle nata attorno al ddl contro l’omotransfobia con l’arma della mediazione per ”evitare lo scontro frontale tra la Santa Sede e lo Stato Italiano e le forze politiche tra loro”.
”Credo che anche in questa circostanza -sottolinea l’ex dirigente della Siemens- come ha sempre cercato di fare, Giulio Andreotti avrebbe comunque provato a mediare per smussare, laddove era possibile, i punti del ddl Zan, che sotto alcuni aspetti, indubbiamente, può essere anche condiviso. Per mio padre, poi, non dimentichiamolo, altra cosa certamente fondamentale era la salvaguardia della libertà in assoluto e, nella fattispecie, della libertà dell’insegnamento religioso”.
Da Pio XII a Benedetto XVI, il rapporto con il Vaticano e i Papi è stato decisivo nella storia privata e politica del ‘Divo Giulio’, che si è sempre calato nei panni del mediatore ogni qualvolta si è trovato a gestire dossier delicati e ‘divisivi’ come il divorzio e l’aborto.
Che ne pensa della nota verbale del Vaticano sul ddl Zan? ”Io -risponde Stefano Andreotti- non sono nessuno per giudicare, ma esiste comunque un Trattato, che è il Concordato e deve essere in qualche modo tenuto in considerazione. Magari può essere rivisto in futuro, ma finché esiste, lo ripeto, va preso in considerazione, sempre che da un approfondimento il disegno di legge Zan vada a lederlo”.