Nel nuovo sondaggio politico gli effetti del litigio Conte-Grillo: crolla ancora il M5s
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Nel nuovo sondaggio politico gli effetti del litigio Conte-Grillo: crolla ancora il M5s

Lo scontro tra Conte e Grillo si riflette sulle previsioni con l'unica variazione degna di nota. Nelle ultime due settimane il M5s ha perso oltre un punto e mezzo (-1,7%) precipitando al 15% dei consensi

Giuseppe Conte e Beppe Grillo
Giuseppe Conte e Beppe Grillo
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16 Luglio 2021 - 13.48


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In questi giorni sono tante le questioni su cui la politica è tornata a confrontarsi (anche aspramente) e a dividersi. Temi che evidentemente hanno penalizzato il MoVimento 5 stelle segnando un crollo nell’indice di gradimento dello stesso.
Forse troppe per darne conto in modo esaustivo, nello spazio che ci è concesso, in un solo aggiornamento settimanale.
Vediamo allora quali sono le indicazioni principali che emergono dall’analisi dei sondaggi.
Partiamo dalla Supermedia sulle intenzioni di voto, che già a una prima occhiata mostra una novità senz’altro degna di nota: il crollo del Movimento 5 Stelle, che nelle ultime due settimane ha perso oltre un punto e mezzo (-1,7%) precipitando al 15% dei consensi.
Si tratta dell’unica variazione da prendere davvero sul serio, dal momento che quasi tutti gli altri partiti restano sostanzialmente stabili: basta questo a dimostrare come il dato del M5S non sia un’oscillazione statistica casuale, ma la fotografia di una vera e propria crisi di consenso.
Le ragioni di questa crisi sono evidenti, e chiamano in causa lo scontro – durissimo – tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte andato in scena poco più di due settimane fa. È vero che le ultime notizie parlano di una “riappacificazione” tra i due litiganti, che sarebbero giunti a un accordo di massima sul nuovo Statuto. Ma se questa ricomposizione avrà effetti benefici sui consensi dei 5 Stelle lo capiremo solo nelle prossime settimane.
Chi ci guadagna
Ma chi ci guadagna dal crollo del M5S? Difficile a dirsi, guardando gli altri partiti. La Lega (20,4%) resta in prima posizione, sostanzialmente ferma a dov’era due settimane fa, con l’unica differenza che il suo vantaggio su Fratelli d’Italia (20,2%) si è assottigliato ulteriormente. Il Partito Democratico poteva essere il principale indiziato, se non altro per una questione di “prossimità” tra i dirigenti dem e quelli del M5S (a cominciare dallo stesso Conte), ma anche in questo caso le variazioni sono minime (+0,2%).
Per capire chi guadagna un po’ di più dall’emorragia di consensi pentastellati si potrebbe guardare la parte bassa della classifica, laddove si può notare come la sinistra parlamentare, rappresentata da Articolo Uno e Sinistra Italiana, guadagni nel complesso circa mezzo punto. Messe insieme, le due (ex) componenti di quella che fu Liberi e Uguali valgono il 4,2%. Si tratta di uno dei valori più alti fatti registrare dall’area a sinistra del PD da inizio legislatura, cioè dalle elezioni politiche 2018 ad oggi.
Eppure, anche considerando il +0,7% dei due partitini appena menzionati, nel complesso tutte le principali liste guadagnano solo un punto. La parte restante finisce per disperdersi in ulteriori rivoli, costituiti da tutte quelle micro-liste racchiuse nella voce residuale “Altri”, che ad oggi vale circa il 5% dei consensi.
Di fronte a un calo così consistente come quello del M5S, è però probabile che a “beneficiarne” di più (le virgolette sono d’obbligo) sia la vasta area grigia dell’astensione e di chi si dichiara indeciso: un’area che ad oggi gli istituti demoscopici stimano essere attorno al 40%, con punte che in alcune rilevazioni si avvicinano al 50%.
Il Ddl Zan
Ma ora le vicende interne al M5S sono state ampiamente superate dall’attualità: e l’argomento di gran lunga più “rumoroso” è l’esame del disegno di legge Zan, appena iniziato al Senato. Come abbiamo già avuto modo di evidenziare, si tratta di un provvedimento su cui l’opinione pubblica non è divisa come chi siede a Palazzo Madama: anche gli ultimi sondaggi confermano che nella società italiana prevalgono nettamente i favorevoli; la divisione principale, per Euromedia, è quella tra chi ritiene che il testo vada approvato così com’è (29%) e chi invece spera che venga modificato in alcune sue parti (34%), mentre sarebbe solo una netta minoranza (poco meno del 20%) a chiedere che il provvedimento non venga mai approvato.
Dati simili a quelli di Ipsos, secondo cui ben il 37% degli italiani si dichiara favorevole a un provvedimento che ritiene peraltro “prioritario”, mentre un altro 14% non concorda sulla priorità ma si dice comunque favorevole al ddl Zan; un ulteriore 13% si dice invece contrario al testo attuale, auspicando alcune modifiche, e sarebbe solo il 10% a bocciare senza appello la proposta di legge.
Altra notizia di queste ore è l’annuncio del segretario del PD, Enrico Letta, di candidarsi alle elezioni suppletive nel collegio di Siena, previste per il prossimo autunno. Come dimostrato da una nostra recente simulazione, rispetto all’altro collegio vacante (quello di Roma-Primavalle) si tratterebbe di un collegio piuttosto favorevole al centrosinistra – anche nella sua versione “giallo-rossa”.
Ma non sarebbe comunque un collegio “blindato”: se nel 2018 l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan vinse con il 59%, contro il 32% racimolato dal candidato di centrodestra, già alle Europee il distacco 2019 si era ridotto a 8 punti, e ad oggi (basandosi sull’andamento dei sondaggi) i punti di vantaggio che Letta avrebbe sulla carta sarebbero solo 6.
Vi sono, come detto, altre questioni su cui la politica si divide (o si dividerà, è facile prevedere). Ad esempio, è facile che la discussione in vista sull’adozione – o meno – del “green pass” sul modello francese mobiliterà nuovamente il fronte dei sostenitori della sicurezza sanitaria contro quelli della incoercibilità della libertà personale. E su questo, le primissime rilevazioni effettuate sembrano già dare qualche indicazione interessante, che ci aspettiamo di vedere ulteriormente sviluppata da ulteriori ricerche nei prossimi giorni.

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Anche il tema delle violenze documentate nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, in cui si sono recati il premier Draghi e la ministra Cartabia, ha smosso l’opinione pubblica e diviso la politica. Finora non è stato (ancora?) annunciato un provvedimento concreto, in conseguenza dello scandalo, ma quando (e se) questo avverrà sarà interessante fare il punto su come la pensano gli italiani in proposito.

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