La viceministra Todde: "Il decreto anti-delocalizzazioni non è punitivo, ma basta licenziare via WhatsApp"
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La viceministra Todde: "Il decreto anti-delocalizzazioni non è punitivo, ma basta licenziare via WhatsApp"

L'esponente del Movimento 5 stelle attaccata anche dal presidente di Confindustria: "L’intento è di delineare un percorso di responsabilità per aziende che non sono in crisi e chiudono dopo aver ricevuto aiuti pubblici".

La Viceministra Todde
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23 Agosto 2021 - 11.07


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Ha cercato di difendersi dagli attacchi di Confindustria, dopo aver presentato una prima bozza del decreto anti-delocalizzazioni.

″È ancora una bozza, discutiamone”, dice Alessandra Todde, viceministra allo Sviluppo economico, esponente del Movimento 5 stelle, insieme ad Andrea Orlando ha scritto il decreto e insieme al ministro del Lavoro è finita nel fuoco dell’attacco frontale del presidente di Confindustria Carlo Bonomi.

“Non ha alcun intento punitivo” assicura, “l’intento del decreto è quello di delineare un percorso di responsabilità sociale per aziende che non sono in crisi e decidono di chiudere attività produttive dopo aver ricevuto aiuti pubblici. Dobbiamo combattere la logica usa e getta”. 

A Bonomi, la viceministra fa notare che “non è nemmeno corretto scambiare la politica industriale con la giustificazione di atteggiamenti predatori e non etici da parte delle imprese, come i licenziamenti last minute via WhatsApp”.

Secondo Todde, “le aziende rimangono in un Paese a medio lungo termine se il patto territoriale è equilibrato, se sono competitive e se ricevono dal territorio i servizi e le agevolazioni utili come personale qualificato, basso costo dell’energia o una filiera che funziona”.

Il decreto anti-delocalizzazioni rischia però di subire rilevanti modifiche e di riemergere in versione “soft”, perché nella maggioranza ci sono frange che sono pronte ad accogliere le proteste di Confindustria.

Specie sul fronte delle sanzioni previste per chi delocalizza o della black list su chi ha preso soldi pubblici senza seguire le regole, che potrebbero sparire.

La prima versione prevedeva, per aziende beneficiarie di contributi pubblici negli ultimi 3-5 anni e inadempienti rispetto agli obblighi sociali del provvedimento, una sanzione pari al 2% dell’ultimo fatturato e l’inserimento nella black list con l’esclusione per 3 anni da ammortizzatori sociali e incentivi pubblici. 

Circola l’ipotesi di spostare il peso delle sanzioni per le imprese inadempienti sul fronte degli ammortizzatori sociali. Spetterà a Mario Draghi trovare la sintesi in Cdm.  

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