Ci sono voluti mesi e ancora ci vorrà molta fatica per approvare e mantenere una tale mole di lavoro che andrà a ridisegnare il sistema fiscale italiano.
Una riforma complessiva e organica, che riscriverà tutte le principali imposte, riguarderà famiglie e imprese e punterà a semplificare il sistema e ad abbassare le tasse per favorire il lavoro. E che preparerà il terreno per una eventuale e futura revisione delle tasse sulla casa attraverso la “riformulazione” del catasto. Fra 5 anni. Il governo dopo mesi di preparazione approva la delega fiscale che porterà a un sistema “più efficiente e meno distorsivo”.
Si tratta, ha spiegato Daniele Franco in conferenza stampa accanto al premier Mario Draghi, di ridisegnare un sistema vecchio di 50 anni, partendo dal lavoro già svolto dalle Camere con le quali bisognerà continuare una collaborazione “essenziale”.
A dire il vero non tutte le indicazioni del Parlamento sono state raccolte e altre, come il catasto, non comparivano nei documenti messi a punto dai partiti proprio perché mancava l’intesa nella maggioranza. Di sicuro con l’attuazione della delega il sistema dovrà mantenere le caratteristiche di progressività e portare a una riduzione del cuneo fiscale che potrebbe essere anticipato in parte già in manovra.
Sul punto ancora non c’è stato confronto nella maggioranza (c’è chi chiede ad esempio di partire dall’Irap) e le scelte dipenderanno, come ha più volte ribadito il ministro dell’Economia, dalle risorse che si reperiranno perché “ogni intervento dovrà avere opportuna copertura”. Al momento ci sono 2 miliardi già nel 2022 – quando la delega non sarà ancora operativa – cui si potranno aggiungere anche i proventi della lotta all’evasione (un ‘tesoretto’ che la Nadef cifra in 4,3 miliardi). “Vedremo nelle prossime settimane che margini ci sono”, si è limitato a dire Franco, assicurando che l’anticipo che ci sarà in manovra risponderà alla filosofia della riforma.
I dieci articoli della delega intervengono ad ampio raggio sull’attuale sistema, compresa la riforma della riscossione con la fusione delle due agenzie e la semplificazioni delle addizionali che diventeranno sovraimposte. Si punta a una revisione non solo dell’Irpef, concentrando l’azione sui “giovani” e “secondi percettori del reddito” per incentivare l’accesso al mercato del lavoro, ma anche di tutto il sistema del prelievo sul reddito di impresa in cui si inserirà anche il “graduale” superamento dell’Irap, pur assicurando le risorse alla sanità. Si tratterà quindi di trovare all’incirca 15 miliardi solo per questa voce, o in alternativa, come ha precisato Franco, “assorbendola in altre imposte”. Anche l’Ires sarà rivista in un processo che porterà a modificare aliquote e base imponibile per avvicinare il prelievo “progressivo” a quello dei redditi da capitale che a loro volta dovrebbero arrivare, a fine percorso, ad avere una aliquota uniformata.
L’obiettivo è quello di completare il “sistema duale” con la distinzione tra redditi da lavoro e redditi da capitale, mettendo mano anche alle imposte sostitutive (le commissioni hanno esplicitamente richiesto di lasciare fuori la flat tax).
Ogni capitolo della delega potrebbe potenzialmente diventare esplosivo per la maggioranza, anche se finora è scoppiata solo la ‘bomba’ del catasto: il timore del centrodestra – Lega in testa che non ha votato il testo in Cdm – e dei proprietari di casa rappresentati da Confedilizia, è che una revisione del catasto porti a un aumento delle tasse sul mattone. Su questo si è speso in prima persona Mario Draghi che è stato tassativo ed ha assicurato che nulla cambierà per i cittadini: “Il contribuente medio non si accorgerà di nulla per quanto riguarda il catasto, resterà tutto come prima”. Il governo, almeno per il momento, lo esclude, tanto che Fi ha dato il suo voto “convinto” alla delega. Il testo prevede che i nuovi criteri per la classificazione degli immobili (valori patrimoniali accanto alle rendite, aggiornamento periodico, regole ad hoc per quelli storico-artistici) saranno rilasciati solo a partire dal 1 gennaio 2026 e che in ogni caso non andranno utilizzati “per la determinazione della base imponibile dei tributi”. Ci si concentrerà piuttosto, nella prima fase, sugli strumenti a disposizione di Comuni e Agenzia delle Entrate per l’emersione di immobili e terreni fantasma. Una volta scattata questa nuova fotografia, tra cinque anni, toccherà al governo e alla maggioranza che ci saranno decidere poi se e come utilizzarla.