Calato il polverone della Grande Caciara scatenata dai fascisti e dagli pseudo fascisti al centro di Roma, Roma è tornata pigramente al solito tran tran.
Per le strade e sul web, i romani stanno sdrammatizzando l’accaduto paragonando i protagonisti di quella Grande Caciara a tutti quei cinghiali, tori e dromedari che sono stati ultimamente avvistati a Roma. I Soliti Ignoti romanacci ipotizzano già, con l’antica, fervida immaginazione, i prossimi animali fantastici che faranno la loro ineffabile apparizione nella Capitale.
Queste esotiche creature sono in realtà tutte imitazioni di quell’irresistibile capostipite che risponde al nome del misteriosissimo Marziano a Roma. Si tratta di uno strano oggetto volante mai veramente identificato che ci piombò sulla testa all’improvviso nel lontano 1954, sotto forma di breve racconto, proveniente dalla mente fantascientifica dello sceneggiatore Ennio Flaiano, nato a Pescara nel 1910 ma morto a Roma nel 1972.
Fine del preambolo.
Facciamo un passo indietro e torniamo a Roma nel pieno di quella Grande Caciara che abbiamo visto domenica scorsa. Noi autentici romani indolenti non eravamo in strada. Noi stavamo come sempre seduti sul divano davanti alla televisione accesa per cercare di capire cosa diamine stava succedendo sotto casa nostra.
A un certo punto, chissà perché è chissà come, sullo schermo è comparso il fantasma di Evita Peron.
No. Non era Evita Peron. Era Madonna? No, non era nemmeno Madonna che interpretava Evita Peron. E chi diamine era?
Era Giorgia Meloni. Possibile?
Aho!…sapete che c’è? Sembrava impossibile ma era proprio lei, Giorgia Meloni. Stava dritta come una spada, piccola piccola al centro di un grande palco, e arringava con spettacolare foga una folla fitta e scura.
Ma dove? In Spagna, diceva la televisione.
In Spagna?! Sì, vabbè, in Spagna… In Spagna, in Spagna.
Con quei riflessi ritardati che ci ritroviamo noi romani, abbiamo finalmente capito che non era un’allucinazione. Non era una bufala. Era proprio lei. Giorgia Meloni. Che strillava in Spagna.
Noi veri romani casalinghi e sedentari, sulle prime, ci siamo detti: “Aoh?… Anvedi ‘sta Meloni!…Hai capito, la Meloni?!… Gajarda la Meloni!…Carramba, la Meloni!… E chi l’avrebbe mai detto, la Meloni?…”.
Siamo rimasti per un po’ a bocca aperta. Lo stupore vero e profondo derivava in realtà dal semplice fatto che Giorgia Meloni masticava l’idioma spagnolo con una buffa, singolare padronanza, oggettivamente superiore all’inglese di Matteo Renzi che pare sempre un’imitazione stonata di quello di Alberto Sordi che impersonava l’Americano a Roma.
Poi, però, è bastato cambiare canale per far sorgere spontaneamente un dubbio: “Ma che roba è, questa Giorgia Meloni?…”.
E allora giù paragoni a non finire. Abbiamo passato in rassegna Federico Fellini, Renato Rascel, Ettore Petrolini, Monica Vitti, Ettore Scola, Mario Monicelli, Dino Risi, Luigi Magni, Raffaella Carrà, Alvaro Vitali, Pier Paolo Pasolini, Vittorio Gassman, Roberto Benigni, quel grandissimo burino di Nino Manfredi, e pure quel vecchio, bastardo, teatro populista, che sta tra la Stazione Termini e Piazza Vittorio, noto come Ambra Jovinelli….
Poi, manco a dirlo, daje giù con le risate.
Per finire in bellezza, è arrivata come una ghigliottina, a chiudere il sipario, l’immancabile, celeberrima sentenza di quel birbaccione di Ennio Flaiano: “La situazione è tragica ma non è seria”.
Amen. Silenzio.
Dopo un attimo di silenzio, qualcuno ha detto: “Come sarebbe a dire, Amen?… Nonsignore. Famo basta, quale amen? O anche basta, come dicono adesso”.
È trascorso un altro, lunghissimo attimo.
Dopo quell’attimo, noi romani ci siamo tutti alzati dal divano.
Domenica andiamo tutti a votare e nessuno faccia un fiato. Punto.
Ora, anche Giorgia Meloni, si presume, tornerà dalla Spagna per votare. È romana pure lei. E anche lei, su questo non si discute, è padrona della lingua e della cultura. Tanto è vero che è paracula. Giorgia Meloni infatti si traveste e si trasforma continuamente che pare Fregoli (Leopoldo, anche lui nato a Roma, nel 1867) e ha pure questo brutto vizio, quando sta in televisione o sul cellulare, di guardarci sempre dritto negli occhi, come faceva Gigi Proietti dicendo “A me gli occhi, please” con un meraviglioso sorriso a 999 denti. Grande, indimenticabile Gigi Proietti.
La Meloni lo vorrebbe imitare ma non ci riesce non perché è donna, ci mancherebbe. Non ci riesce perché non sorride. Giorgia Meloni è sempre incazzata. Eppure Giorgia Meloni lo dovrebbe sapere che noi romani siamo famosi per il nostro senso dell’umorismo e dovrebbe anche sapere ma che siamo matti, ma siamo tutto fuorché scemi. Giorgia Meloni non penserà mica che proprio adesso ci facciamo ipnotizzare da lei? Ma che, davero davero?…
Come sarà come non sarà, Giorgia Meloni faccia lo sforzo di ricordare che Roma, daje e daje, va a finire che te se magna come ha sempre divorato tutti. Questo, un vero romano ce l’ha tatuato nella capoccia ancor prima di nascere, quando aspetta e pensa nella panza della madre.
Giorgia Meloni non dimentichi che nostra madre, sua madre, era una lupa. Faccia pure tutte le imitazioni che vuole, ma per cortesia non faccia l’imitazione della lupa perché lei non può essere la Lupa e noi non possiamo essere quei due pupetti di Romolo e Remo.
D’altra parte, se Giorgia Meloni voleva veramente imitare quella Lupa, si sarebbe candidato personalmente alle elezioni, mica si sarebbe andata a nascondere dietro a quel farlocco intronato che uno manco si ricorda come si chiama.
Basta con la dietrologia. Siamo stanchi pure noi della dietrologia.
La domanda è semplice. Si può sapere o no, cosa veramente cerca e cosa diamine vuole Giorgia Meloni?
Qui non si tratta di essere fascisti, comunisti, vegani o marziani. Vista la situazione, qui si tratta semplicemente di cercare di essere tutti, indistintamente tutti, possibilmente tutti, volenterosi, onesti e leali.
A Roma, come e più che altrove, ci sono montagne di cose da fare che non si riescono nemmeno a contare.
Dobbiamo far pagare le tasse a chi non le ha mai pagate, dobbiamo rimettere a posto le case che crollano, dobbiamo piantare un casino di alberi e raddrizzare quelli pericolanti, dobbiamo cercare un lavoro e un alloggio per tutti, dobbiamo sistemare la macchina infernale della burocrazia, dobbiamo far funzionare meglio tutto ciò che si muove, dobbiamo prepararci prima di subito alle bufere naturali quelle vere, e chi più ne ha più ne metta.
Senza contare la lotta dura, sempre più sofisticata, alla Mafia che continua ad allargarsi ogni giorno dappertutto come un fiume in piena. E senza mai dimenticare che vanno fatti i conti con la nostra sempre più irrisolta è sempre più marcia (non voce del verbo marciare) Storia d’Italia, come da un bel pezzo hanno cominciato a fare e continuano faticosamente a fare gli altri paesi europei.
Cara Meloni, non si preoccupi. Non pensi sempre a quella Storia. Se saremo onesti e leali, pagheremo tutti il prezzo che ci sarà da pagare. Un prezzo modesto, perché tutte le monete di un tempo sono da tempo fuori corso. Non lo pagheremo caro come si gridava una volta, stia tranquilla. E lo pagheremo tutti. Comunisti, fascisti, vegani o marziani.
Roma città aperta è sempre stata e sempre lo sarà.
Ma adesso, vedemo de dasse ‘na mossa.
Lo ha già detto, come meglio non si potrebbe, quell’uomo tosto e piccoletto che pare Eta Beta. Quello che lei e Salvini odiate tanto. Quello che si chiama Draghi. Anche lui nato a Roma. Draghi Mario. Presente. Sempre presente. Non con il braccio alzato, ma con il cervello acceso.
Perché lo odiate a morte Mario Draghi? Perché vi fa tanta paura Mario Draghi? Che vi ha fatto Mario Draghi? Che avete capito? Non è mica un drago vero.
Mario Draghi ha detto solo che in Italia si può fare tutto, ma a patto che tutti diano una mano. Un patto tra tutti gli Italiani. Mica un patto con la Mafia o con la Spectre. Che cosa ha detto di sbagliato? Cosa sta facendo di sbagliato?
Se vedemo domenica. Anzi no, lunedì sera. Quando gli elettori, tutti gli elettori, ci faranno sapere. Come è giusto che sia.
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