di Antonello Sette
l green pass è un’assicurazione sulla vita dei cittadini, osserva l’ex ministro della Pubblica Istruzione rispondendo a SprayNews. Quelli che non hanno il green pass, diceva ieri scherzando un mio amico, hanno avuto una crescita esponenziale in due luoghi. Nelle terapie intensive e nelle agenzie funebri. Io credo che un Governo abbia il dovere di tutelare la salute dei cittadini. E’ legittimo manifestare in modo pacifico il proprio dissenso, ma la salvaguardia della salute pubblica e della vita dei cittadini impongono il green pass.
Passiamo alla politica propriamente detta. Fausto Bertinotti sostiene che i partiti sono ormai delle aggregazioni governiste. Stare al governo è il fine e non più il mezzo. Penso anche al Pd, pecie ora che è tutto nelle mani di Mario Draghi…
Bertinotti ha ragione sui partiti. C’è stato un cambio di prospettiva, un degrado. I partiti popolari e di massa un tempo avevano la capacità di generare identità e appartenenza. Gli italiani li votavano perché credevano in qualcosa e poi sceglievano qualcuno. Ora i partiti hanno assunto un volto, che induce gli italiani a votare per qualcuno, a prescindere dalla speranza di qualcosa. Questo induce gli elettori a votare qualcuno semplicemente perché ti promette o ti dà qualcosa o perché qualcun altro ti ha fatto arrabbiare. Bisogna lavorare per fare tornare i partiti a quello che erano: la base e lo spartiacque della vita democratica del Paese.
Nel frattempo, Draghi li ha messi in riga, come si fa con gli scolaretti sprovveduti…
Io credo che Mario Draghi abbia assunto un ruolo insostituibile. La sua agenda e la sua credibilità personale consentono all’Italia di poter avere una nuova e grande opportunità per superare il momento economico, sociale e sanitario che abbiamo vissuto, che stiamo vivendo e che nell’immediato futuro inevitabilmente continueremo a vivere. Le forze politiche devono avere il coraggio di fare al loro interno chiarezza, per puntare e dare vita a una coalizione politica, che sia per Draghi e non di Draghi. Non penso a una coalizione o a un soggetto, che abbiano come loro leader Draghi, perché Draghi non lo accetterà mai. Penso, invece, a un soggetto politico, o a una coalizione, che si facciano carico di far maturare nella coscienza del Paese l’importanza fondamentale dell’agenda Draghi per innovare, per riformare e per centrare l’obiettivo dell’uscita dal tunnel.
Non c’è, però, il rischio di un appiattimento passivo sulle posizioni di Draghi?
Più dell’appiattimento, mi preoccupa il vedere da una parte Draghi, che guida, decide, governa, e dall’altra i partiti, che si affannano ogni giorno a mettere le bandierine su temi, che poco e niente incrociano gli interessi dei cittadini. Non parlerei tanto di strapotere di Draghi, quanto della necessità della politica di superare i propri limiti e le proprie debolezze.
Che cosa si augura per il Quirinale?
In prima battuta mi sarei augurato che Sergio Mattarella potesse fare un ulteriore sforzo e restare al suo posto per una secondo mandato. Se questa mia speranza dovesse, come è probabile, svanire, mi auguro che le forze politiche sappiano individuare un presidente della Repubblica, che sia il Presidente di tutti gli italiani e che possegga le stesse virtù di imparzialità, saggezza, equilibrio e autorevolezza di Mattarella. Quelle virtù, che hanno conquistato la stragrande maggioranza degli italiani.
Virtù che, forse, Mario Draghi possiede più di qualsiasi altro…
Io mi auguro che Draghi resti a Palazzo Chigi anche dopo il 2023 perché, per usare un’espressione emblematica di Benigno Zaccagnini, abbiamo appena messo in moto l’aratro, che sta tracciando il solco dell’innovazione, delle riforme, del cambiamento, della crescita e dello sviluppo della giustizia sociale. Il solco, che ci porterà fuori dal tunnel. Certo è che, se Draghi dovesse dare la propria disponibilità per il Colle, non gli farebbero difetto né la capacità, né l’autorevolezza, né la credibilità, né il consenso.
Il segretario del suo partito sembra si sia messo in testa di ricostituire l’Ulivo che fu…
E’ pur vero che l’ulivo è una pianta plurisecolare, ma è altrettanto vero che la rinascita di una stagione politica, che ha avuto un ruolo fondamentale in un momento particolare della vita del Paese, non credo che sia tout court proponibile. C’è da generare una nuova capacità di mettersi insieme, tenendo presente che, al di là della contrapposizione fra destra e sinistra, c’è un Paese, che ha voglia di pragmatismo. Un Paese, che ama la tranquillità, la serenità e la moderazione nei toni. Un Paese, che aspetta una rigenerazione della proposta politica. Se alle elezioni amministrative, che sono quelle dove tradizionalmente la partecipazione è più alta, vincono quelli che restano a casa, vuol dire che le proposte politiche non sono all’altezza dei bisogni e delle speranze dei cittadini italiani. In questa situazione, nessuno può accontentarsi dei pochi che vanno a votare, sperando di avere la maggioranza di quei pochi. Se si eleggeranno sindaci con il trenta per cento che va a votare, anche chi dovesse ottenere il settanta per cento dei consensi, sarebbe in realtà eletto dal venti per cento degli aventi diritto. Se consideriamo che la nostra Costituzione fa sempre riferimento governi rappresentativi della metà più uno dell’elettorato, ci possiamo rendere conto di tutta la fragilità e di tutta la debolezza della nostra democrazia. Qualcuno si ostina a dire: “Gli italiani non ci hanno capito”. In politica non funziona così. Non sono gli italiani, che non ci capiscono. Siamo noi, che non riusciamo a dar loro una proposta politica adeguata e credibile.
Un’ultima cosa. Che cosa pensa del Movimento 5 Stelle assurto al ruolo di alleato privilegiato del Pd?
Io credo che le alleanze siano necessarie in politica, se c’è condivisione di progetti, di programmi e di visione sul futuro del Paese. Io non so che cosa siano oggi i Cinquestelle. Erano un cosa, poi sono diventati un’altra, adesso, a quanto pare, con Giuseppe Conte, un’altra ancora. E’ un continuo cambio di pelle. Abbiamo fatto con loro un pezzo di strada insieme. Capiremo, se questo cammino comune potrà proseguire. Una cosa per me è certa. Il Partito Democratico deve continuare, se ci crede ancora, a mantenere la spinta propulsiva e l’obiettivo della fondazione, che è quello di riuscire a rappresentare la complessità della società italiana, anche se, come ogni complessità, non è facilmente riconducibile a un unicum.
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