Il segnale va registrato ed è evidente che Giorgia Meloni, sempre più giustamente circondata, ha capito che non potrà sempre buttare la palla in tribuna, gridare al complotto e cercare di virare l’attenzione sul comunismo.
Anche perché l’Italia democratica nata sulle macerie della dittatura fascista è un paese anti-fascista.
Al contrario, in Italia sono state le forze del Cnl (Comitato di liberazione nazionale) cattolici, azionisti, socialisti e comunisti e anche liberali e riportare la libertà perduta.
Quindi in Italia non si può assolutamente mettere sullo stesso piano il partito fascista al Psi perché uno ha portato la dittatura e l’altro la democrazia.
Ora però Giorgia Meloni ha fatto un passettino: “Il 16 ottobre del 1943, 1022 tra uomini, donne e bambini vennero deportati dal ghetto ebraico di Roma dalla furia nazifascista. Sopravvissero solo in 16. Ricordare questo orrore, il momento più basso della storia d’Italia, è un dovere di ogni italiano. Mai più questo odio”.
Lo scrive su Twitter la presidente di Fratelli d’Italia.
Bene aver usato l’espressione furia nazi-fascista. Ma per essere credibile Giorgia Meloni deve prendere le distanze da quello che lei reputa il suo ‘padre’ politico, ossia Giorgio Almirante che ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione dell’antisemitismo in Italia, vergogna che ha costituito la premessa delle leggi razziali e, come conseguente, del rastrellamento al ghetto ebraico”
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