di Antonello Sette
Rotondi, mala tempora currunt per il centrodestra. Disfatta su tutte le linee, in primis per Matteo Salvini, ma in secundis anche per Giorgia Meloni. Dove hanno sbagliato? Perché hanno smarrito per strada la loro forza propulsiva?
Forse non l’hanno mai avuta, osserva l’ex ministro berlusconiano rispondendo a SprayNews. La forza propulsiva era quella di Silvio Berlusconi, un gigante della politica, che non è paragonabile a nessuno dei protagonisti di oggi. Silvio Berlusconi da solo, con la sua intelligenza e la sua simpatia e, perché no, i suoi mezzi, nel 1993 è riuscito a sostituire in un mese la Democrazia Cristiana e tutti i partiti suoi alleati, realizzando il miracolo di riversare i consensi del pentapartito in una creatura nuova: il centrodestra italiano. Berlusconi è stato capace di questo e di tanto altro. Non a caso, calca la scena politica da quasi trenta anni.
Salvini e Meloni…
Io non voglio gettare la croce su Salvini e Meloni, che inseguono glorie irrepetibili e fanno bene a tirarsi fuori, loro per primi, da un confronto, che sarebbe perdente per tutti. Il tema all’ordine del giorno è di riorganizzare, ma in maniera diversa, quelle idee che Berlusconi ha reso vincenti per decenni. Le elezioni amministrative hanno dimostrato che sotto il vestito non c’è niente.
Non pensa che Salvini e Meloni si siano progressivamente allontanati dal loro popolo e avvicinati al Palazzo, che li ha stretti in un abbraccio mortale? Berlusconi nel Palazzo forse sapeva districarsi meglio…
Berlusconi abitava in una parte importante del Palazzo. Anche prima di fare politica, era un tycoon di portata mondiale e il riferimento di una parte importante dell’informazione italiana. Berlusconi era collegato contemporaneamente con la pancia del Paese e con gli umori della classe dirigente. Lui sapeva gestire la piazza e la classe dirigente, il salotto buono e il bar dello sport.
Quali sono le prospettive della destra dopo la waterloo, che ha risparmiato, almeno in parte, solo l’intramontabile Berlusconi?
Io di prospettive sinceramente non ne vedo. La destra è una parte importante della storia politica di questo Paese. Io rivaluto anche Giorgio Almirante, che è stato un grande uomo della Repubblica, capace di portare e rappresentare nelle istituzioni spinte nostalgiche, che potevano prendere altre strade. Vediamo ancora oggi con l’assalto alla Cgil che alcune pulsioni reazionarie sono tuttora presenti nel Paese. Almirante ha saputo tracciare un confine netto, portando dentro le istituzioni quella destra che poi Gianfranco Fini avrebbe fatto diventare destra di governo. E’ una storia, che non è la mia, ma che rispetto profondamente. Una storia, che non può esaurire, però, l’offerta del centrodestra. In altre parole, il centro dove è?
Si è fatto una domanda, si dia anche una risposta…
E’ una domanda che è anche una risposta. Il centro non c’è.
Lei ha detto che il capitolo di storia, tracciato da Almirante e ridisegnato da Fini, non può esaurire l’offerta del centrodestra. Quali sono, a prescindere da questo, gli errori più evidenti di Salvini e Meloni?
L’errore più evidente è quello di Salvini, che non ha esercitato la leadership che alla fine sia Berlusconi, sia Meloni, gli hanno concesso, sulla base, peraltro, di un risultato prevalente, ma non maggioritario. Non sono due punti in più che fanno il leader. Si era, però, convenuto che il leader del centrodestra fosse lui. Non ha mai assunto la posizione di chi ascolta. Le faccio un esempio molto calzante, che mi riguarda direttamente. Io sono uno dei soci fondatori del centro destra dell’ancien regime e sono ancora a capo di una brigata democristiana, che vota per il centrodestra. Ebbene io Salvini non lo conosco neppure. Non ci ho mai parlato in vita mia. La sua è una leadership estranea alla base del centrodestra.
Non possono fare il Presidente del Consiglio né Salvini né Meloni?
Si pensa che il selfie sia una presa diretta e che l’esposizione mediatica possa sostituire il colloquio e l’analisi. La politica è fatta anche di confronto. Quante volte ho visto Silvio Berlusconi parlare con persone, senza che noi ne comprendessimo appieno il motivo! Aveva sempre un foglio bianco su cui prendeva appunti. La sua era una curiosità intellettuale, ma anche uno strumento di lavoro politico.
Lei personalmente che cosa farà, dopo questo tsunami, che ha rovesciato rapporti di forza apparentemente consolidati?
Io venerdì vado a Saint Vincent, in Val d’Aosta, con gli ultimi democristiani, che ogni anno si riuniscono per tre giorni. Abbiamo, come sempre, il sold out delle prenotazioni. La brigata è al gran completo. Ascolterà oratori interessanti e cercherà di capire, io credo, se anche per noi cattolici sia arrivato il momento di dire qualcosa di nuovo e non più le solite cose. Io, ad esempio, non uso mai la parola centro, che non significa niente ed è anche nel tempo diventata antipatica. I contenuti dell’impegno dei cristiani in politica quali sono oggi? Io ne vedo solo uno, quello del Pontefice: la cura del Creato e la difesa dell’ambiente. La pandemia ha ribaltato le priorità della gente. Prima aveva paura dei migranti, ora ha paura di morire. Noi dobbiamo rispondere a una popolazione, che ha paura di morire.
Una popolazione che trova surreale, in questa situazione, l’insistenza sul “prima gli italiani” …
Prima gli italiani chi se ne frega, Prima la sopravvivenza. Altro che il primum philosophari su italiani, migranti e clandestini. L’azione del Governo Draghi ci ha salvato da una carneficina, che non faceva distinzioni, ma accomunava tutti nella destinazione: un’elegante bara di mogano, per chi se la poteva permettere.
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