Sara Cunial ha usato i privilegi parlamentari per ‘interrogare’ un detenuto su un complotto anti-Trump
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Sara Cunial ha usato i privilegi parlamentari per ‘interrogare’ un detenuto su un complotto anti-Trump

Nel gennaio 2020 Cunial insieme a due sconosciuti americani è entrata nel carcere di Salerno per parlare con Arturo D'Elia su un complotto anti-Trump denominato ItalyGate

Sara Cunial
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17 Novembre 2021 - 15.40


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Partiamo da lontano: tra le varie teorie complottiste che hanno affollato il dibattito politico americano, inquinato dai sostenitori di Donald Trump, ce n’era una particolarmente assurda, denominata ItalyGate, secondo cui l’Italia avrebbe avuto un ruolo centrale nel presunto broglio elettorale che ha portato alla vittoria di Joe Biden. 
Torniamo nel nostro paese: nel carcere di Fuorni, a Salerno è detenuto un uomo, Arturo D’Elia, ex dipendente della Leonardo Spa, condannato a 3 anni e 4 mesi. D’Elia è stato arrestato nel dicembre del 2020 con l’accusa di aver hackerato i sistemi di sicurezza del Ministero della Difesa e di essersi introdotto nelle divisioni Aerostrutture e Velivoli, rubando 10 gigabyte di dati. 
D’Elia, in un’intervista a Repubblica, ha raccontato che il 19 gennaio del 2021 ha ricevuto in carcere una visita molto particolare, quella della deputata eletta con il M5s ma poi passata al Gruppo Misto Sara Cunial. 
Nota per le sue posizioni antiscientifiche, scettica del vaccino, sfegatata sostenitrice di Trump e nota per le sue illazioni contro Mattarella, Cunial si sarebbe recata in carcere formalmente per ‘verificare le condizioni dei detenuti’. Ma D’Elia ha testimoniato, in presenza del suo avvocato, che la parlamentare ha portato con sé due uomini ‘dall’accento americano’ che hanno cercato di parlare privatamente con lui. 
Ultimo pezzo del puzzle: è uscito negli Stati Uniti un libro del giornalista Jonathan Karl, “Betrayal: The Final Act of the Trump Show” in cui, tra le altre cose, si sostiene che Kash Patel, capo dello staff del Sottosegretario alla Difesa quando Trump era presidente, avrebbe chiesto all’allora sottosegretario alla Difesa per l’intelligence e la sicurezza, Ezra Cohen, di inviare degli uomini dell’intelligence a parlare con D’Elia perché sospettato di essere la mente informatica dietro l’ItalyGate. Era il gennaio 2021, proprio il periodo in cui sarebbe avvenuta la visita di Cunial. 
“Il mio assistito rimase molto colpito dalla circostanza che durante la visita della deputata Cunial si avvicinarono a lui due stranieri”, ha raccontato l’avvocato Nicola Naponiello. D’Elia, già condannato per cyber attacchi sia alla Nato, ha dichiarato di aver notato che i due americani stavano introducendo il tema delle elezioni, ma – sentendosi in pericolo – non aveva esitato a chiamare le guardie penitenziarie per farli andar via.
La vicenda dell’ItalyGate è ovviamente una bufala gigantesca, che non merita altri ragionamenti. Sarebbe però il caso di chiedersi che cosa ci facesse una parlamentare italiana dentro un carcere in compagnia di due sconosciuti a interrogare un detenuto su una conclamata bufala. E com’è possibile che sia potuto succedere che una parlamentare abbia usato i suoi privilegi per fare entrare in un carcere dello stato, una struttura di sicurezza, due persone su cui al momento non si sa nulla: chi erano? Erano italiani? Erano americani? Erano agenti dell’intelligence? Erano complottisti? La deputata Cunial avrebbe il dovere di rispondere a queste domande su una vicenda che è molto, molto più grave di ciò che potrebbe sembrare. 

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