“Non c’è mai stata la chiusura di una intesa con il Pd sulla candidatura di Elisabetta Belloni”.
Il Pd da giorni stava avvertendo i 5 Stelle della inopportunità “politica e istituzionale” di quella soluzione con un passaggio mai avvenuto nella storia del Paese dai vertici dei servizi alla presidenza della Repubblica. E, proprio per quanto accaduto, il Pd si farà promotore di “una iniziativa legislativa che verrà sottoposta a tutte le forze politiche” per affrontare il tema delle “incompatibilità e ineleggibilità” che regolino il passaggio dai vertici dei servizi a una carica istituzionale. Lo annuncia, parlando con l’Adnkronos, Enrico Borghi, responsabile sicurezza dem e membro del Copasir.
“C’è un diritto dei cittadini di sapere come sono andate le cose e un nostro dovere di raccontarle”, dice Borghi, che è stato chi ha seguito passo passo nella war room ai piani del gruppo dem alla Camera le fasi della complicatissima elezione del presidente della Repubblica. E la verità è che “mai c’è stato il via libera di Letta alla chiusura di un accordo su Belloni. Quando nel vertice a tre il nome di Belloni è stato proposto da Conte – che pure era già a conoscenza di tutte le nostre avvertenze sul rischio per il sistema derivante dalla esposizione della direttrice del Dis – e caldeggiato anche da Salvini, Letta ha spiegato che ne avrebbe parlato con i ministri, i dirigenti e i grandi elettori. Non c’è mai stato un via libera a chiudere su quella candidatura”.
Ora, sottolinea, “bisogna tirare un consuntivo di questa vicenda. Innanzitutto, l’ambasciatrice Elisabetta Belloni è una figura di altissimo profilo dell’alta amministrazione dello Stato, una sincera funzionaria di una Repubblica democratica e una persona che ha reso e sta rendendo servizi molto importanti al Paese. Proprio per questo non doveva essere messa in mezzo al tritacarne e chi lo ha fatto si assume responsabilità politiche e istituzionali di una attività maldestra che non si sarebbe dovuta esercitare in questi modi e forme perchè una Repubblica seria tutela i propri servitori e chi ha avuto altissime responsabilità istituzionali deve avvertire il dovere di atteggiarsi in tal modo”.
“Detto ciò questa vicenda fa emergere un baco del sistema: per le note vicende storiche la legislazione sui servizi è stata costruita con la paura che fosse la politica ad usare i servizi e pertanto nessun politico, neanche un consigliere comunale può essere utilizzato come fonte, confidente, consulente dei servizi segreti, tantomeno può esserne un dipendente. Ma non c’è il contrario. Non c’è una norma che impedisce al capo dei servizi di essere eletto. Perchè? Perchè non si è mai posta la questione nella storia della Repubblica, rientra in una logica di naturale separazione dei poteri in un regime liberale e il legislatore non si è mai sentito in dovere di introdurre in via specifica un divieto”.
“Ora invece si sta ponendo un problema rispetto dal tema delle incompatibilità ed ineleggibilità dei vertici dei servizi, che sono tre. Si pone un problema a questo punto di normare legislativamente sia il regime delle incompatibilità e ineleggibilità sia per chi è in corso d’opera, sia il regime di chi è stato ai vertici di ieri e di chi lo sarà domani. Parte di questi aspetti finora, per impulso del Copasir sono stati trattati in via amministrativa attraverso Dpcm, ma la vicenda necessita di un intervento legislativo”.
“E se al posto di una gentildonna servitrice dello Stato come Belloni, ci fosse stato qualcun altro? E chi può escludere che ora, avviata una prassi simile, in futuro si verifichino casi simili per altri livelli istituzionali? Viviamo nella terribile era delle liste bloccate, e per assurdo in assenza di norma potremmo anche trovarci, per esempio, al vertice del Copasir qualcuno che e’ stato ai vertici dei servizi di informazione, dentro un pericoloso gioco di porte girevoli. Cosa accadrebbe a questo Paese in questi casi?”.
“La vicenda insegna inanzitutto che c’è un problema di cultura istituzionale in alcuni partiti. Fortunatamente vi sono ancora degli anticorpi che hanno agito in questa vicenda. L’Italia non è l’Egitto, con tutto il rispetto per l’Egitto, dove il capo dei servizi è diventato presidente. Ma questi anticorpi senza vaccino -cioè la legge- rischiano di perdere efficacia”.
“Ora facciamo abbassare le polveri e sedimentare l’acqua torbida, quando l’acqua non sarà più torbida sarà chiaro a tutta l’opinione pubblica come sono andate le cose. E si pone il tema di un intervento legislativo, anche a tutela degli apparati di sicurezza affinchè non siano mai più strumentalizzati”, sottolinea Borghi.
“Aggiungo che proprio perchè questi apparati svolgono un lavoro di grande delicatezza, non meritano di esser infilati in un circo mediatico come è stato in questi anni, sempre dalle stesse figure politiche. Siccome la materia è delicatissima impone rispetto istituzionale. Noi non assumiamo un’iniziativa unilaterale, noi sottoporremo a tutte le forze politiche l’esigenza di un’attenta riflessione su questi aspetti nelle sedi pertinenti, fondata sull’esigenza di inserire anche un cuscinetto temporale, quello che i francesi chiamano pantouflage, tra lo svolgimento di alte funzioni nei servizi e gli incarichi elettivi o nei board di società o consulenze per Stati esteri. Tutte queste cose oggi non sono normate, e appare urgente farlo. Perché come noto, ciò che non è vietato e’ facultizzato. Con tutte le conseguenze del caso”.
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