La domanda che si ripropone ogni qual volta ci si avvicini ad un appuntamento elettorale è sempre la stessa: “Esiste ancora il populismo in politica?” Una domanda difficile alla quale soltanto gli esperti possono provare a dare una risposta.
I populisti “non hanno vinto, e ora sono in declino”. Gianfranco Pasquino, professore emerito di scienza politica, interpellato sul tema del populismo e dell’anti-politica sintetizza così il suo pensiero, fotografando l’attuale fase non solo in Italia: “Qui da noi – spiega – Salvini ha avuto forte propensione al populismo, come anche i Cinque Stelle, non ci metterei dentro invece Meloni, per la quale preferisco parlare di nazionalismo, o come lei preferisce definirsi patriota”. “Fdi – sottolinea il prof bolognese – ha una struttura di partito organizzata, che non fa appello direttamente al popolo, in modo generico”.
Poi Pasquino allarga lo sguardo fuori dall’Italia, al populismo che “mi pare sia al potere solo in due paesi, come l’Ungheria e il Brasile, dove indubbiamente ci sono leader populisti, ma nel caso di Orban, arrivati al potere attraverso una ‘selezione’ democratica, e nel caso di Bolsonaro forse al termine della sua esperienza”.
Il dibattito sul populismo non va confuso con il tema dell’anti-politica: “Antipolitica e populismo, non sono certo la stessa cosa, a volte si sovrappongono – sottolinea – ma in Italia l’antipolitica è presente in modo diffuso, non così il populismo, che implica un richiamo all’investitura di un leader che chiede di essere delegato dal popolo, c’è una possibile deriva autoritaria in questo modello”.
“Ma certo – conclude Pasquino – c’è sempre un richiamo al popolo, in tutte le democrazie, poi le parti politiche devono spiegare a quale popolo si riferiscono”.