Temi come l’eutanasia devono essere trattati nel rispetto delle vite umane che necessitano di un trattamento di fine vita dignitoso e che soprattutto non possono più attendere una burocrazia lenta e macchina come quella italiana. Questo è il concetto espresso da Enrico Letta.
Secondo il segretario sul fine vita agiscono due spinte. Una “dall’alto, cioè la sentenza della Corte Costituzionale del 2019 dopo il caso Cappato-Dj Fabo sul cosiddetto suicidio assistito”, l’altra “dal basso, specie dopo la bocciatura, da parte di quella stessa Corte, del quesito sull’eutanasia sostenuto da oltre un milione di cittadini”. L’importante, per Letta “è che si sgombri il confronto da ogni polarizzazione tossica”. E aggiunge: “Siamo chiamati a deliberare sull’autodeterminazione della persona e sulla sofferenza intima dell’essere umano in quanto tale. Esiste qualcosa di più universale? Credo di no”.
Il segretario passa alla proposta di legge sulla morte medicalmente assistita promossa da Alfredo Bazoli e Nicola Provenza che definisce “equilibrata” e “suscettibile di miglioramenti”, ma che “non deve essere una bandiera di parte”. L’esclusione da parte della Corte del quesito, chiriscce infine Letta, “obbliga ad un’unica via, quella parlamentare”. E conclude: “In un Parlamento come quello attuale, senza una chiara maggioranza politica, non può che trovarsi un punto di equilibrio tra posizioni diverse”.
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