Rosy Bindi si scaglia contro la corsa al riarmo degli stati europei, sottolineando l’ipocrisia di voler fare la pace con le armi. L’ex presidente della Camera, insieme ad altri personaggi di spicco del mondo politico e religioso, ha firmato un appello rivolto al governo Draghi contro l’aumento delle spese militari nell’ottica della guerra in Ucraina. In un intervento a Radio Popolare, Bindi ha spiegato la sua posizione.
“Siamo ormai in un’economia di guerra ed è paradossale che, dopo due anni di covid e di emergenza sanitaria, nei prossimi anni vedremo aumentare le spese militari e diminuire la spesa sanitaria rispetto al Pil. Qui scatta il grande tema dell’eticamente inaccettabile, perché non possiamo anteporre le spese militari alle spese per l’istruzione, per la ricerca, per la salute, per il superamento delle diseguaglianze e soprattutto per costruire una cultura di pace”.
“Dobbiamo smetterla di pensare che prepariamo la pace, costruendo armi, aumentando le spese militari e non firmando il trattato contro ogni forma nucleare. No. La pace si prepara con strumenti di pace. Francamente mi impressiona molto questa mancanza di lungimiranza politica nell’affrontare i temi della sicurezza e della pace in un momento drammatico come quello che stiamo vivendo. Dalle forze di governo io mi aspetterei questo tipo di ragionamento, non l’affrettata rincorsa con il palliativo della spalmatura nel 2028, a fronte di spese sociali che diminuiranno”.
“Abbiamo promosso questo appello non perché sottovalutiamo l’importanza della sicurezza e del bene comune, ma perché a noi è sembrata una decisione estemporanea presa sotto l’effetto di questa guerra devastante in Ucraina, ma che non c’entra niente in realtà con questa guerra. O quantomeno non dovrebbe entrarci. Noi riteniamo che si debba affrontare seriamente il futuro della Ue anche attraverso il rafforzamento della sua politica estera e la capacità di assumere il tema della sicurezza comune – conclude – La corsa agli armamenti dei singoli Stati rafforza di fatto il nazionalismo ed è impressionante che questo avvenga in Germania, che lo fa per la prima volta dal 1945. Questo finisce per ritardare il processo di unificazione dell’Europa dal punto di vista della ripresa della sicurezza. E aggiungo un’altra cosa: questa tragedia che stiamo vivendo potrebbe essere anche l’occasione di ripensare la funzione della Nato. La corsa all’aumento delle spese militari in questo senso non aiuta”.