La Riforma Cartabia fa discutere, tanto da spingere i magistrati ad indire uno sciopero in segno di protesta contro le nuove norme contenute nella riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm, già approvata alla Camera e in attesa del vaglio del Senato. Nei distretti giudiziari del Paese si svolgeranno oggi, in concomitanza con la giornata di astensione, assemblee e riunioni pubbliche, per spiegare le ragioni della protesta. Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, interverrà all’assemblea di Milano. Nonostante lo sciopero, saranno garantiti i servizi pubblici essenziali, relativi ai procedimenti più urgenti.
“Sì allo sciopero come gesto di solidarietà collettiva, come atto di coraggio in nome degli ideali in cui crediamo», perché «questa riforma mette in discussione lo spirito del titolo IV della Costituzione, replicando per i tribunali gli errori di gerarchizzazione già commessi per le procure e confinando giudici e pubblici ministeri in due mondi separati e non comunicanti», aveva scritto nei giorni scorsi la Giunta del sindacato delle toghe in un documento, nel quale si sottolineava, «nel rispetto delle sensibilità di ciascuno», il «dovere di unità».
A deliberare l’astensione odierna era stata, il 30 aprile scorso, l’assemblea generale dell’Anm – convocata a Roma proprio per decidere le forme di mobilitazione contro la riforma all’esame del Parlamento – a larga maggioranza. «Non scioperiamo per protestare, ma per essere ascoltati, non scioperiamo contro le riforme, ma per far comprendere, dal nostro punto di vista, di quali riforme della magistratura il Paese ha veramente bisogno», spiegavano le toghe nella mozione approvata dall’assemblea, in cui si sottolineava che «la riforma in discussione al Parlamento non accorcerà di un giorno la durata dei processi, ma cambierà radicalmente la figura del magistrato, in contrasto con quello che prevede la Costituzione».
Secondo la magistratura associata, invece, «serve una riforma che attui veramente l’articolo 107 della Costituzione, secondo il quale i magistrati si distinguono fra loro soltanto per le funzioni e che affermi chiaramente che non devono esistere carriere in magistratura»: il Paese, evidenziava ancora l’assemblea Anm nel suo documento, «ha bisogno di magistrati che vengano valutati per la qualità del loro lavoro, e non soltanto per la quantità, di magistrati che si concentrino solo sulle decisioni che devono prendere, non sugli adempimenti burocratici e nemmeno sulle loro carriere, di magistrati liberi di giudicare serenamente, seguendo solo la loro coscienza, non di giudici impauriti delle ripercussioni personali delle loro decisioni».