Per anni ho seguito l’attività politica parlamentare e le elezioni dei presidenti della Repubblica compreso l’ultimo Mattarella. Non ricordo tuttavia situazioni così aggrovigliate e al tempo stesso irresponsabili. Soprattutto all’indomani della partenza di una scelta costruttiva di dialogo e di cooperazione con le parti sociali e la condivisione dell’urgenza di risposte comuni da definire rapidamente.
Anche l’urgenza di intervenire con soluzioni riconosciute e da rendere operative tempestivamente da porre in opera attraverso un vero e proprio patto sociale –con sindacati e Confindustria- con condivisa priorità nei confronti delle questioni cruciali sul tappeto, aggravate dalla crisi in atto con il peso del crescente disagio sociale ed economico specie per il mondo del lavoro, i bisogni delle famiglie con il riconoscimento della priorità per i settori più deboli con l’accresciuto gravame dell’aumento enorme dell’energia, dei carburanti e del galoppo ininterrotto dell’inflazione su scala mondiale.
Il presidente Draghi aveva ribadito in conferenza stampa la sottolineatura che le scelte riformatrici avrebbero dovuto rappresentare una risposta ai bisogni e alle inquietudini crescenti causa non ultima dell’agitarsi scomposto del movimento 5stelle. Ribadendo al tempo stesso che il governo non può operare tra continui ultimatum, strumentalizzazioni e manovre tattiche per migliorare la propria immagine e tentare così di recuperare la grave perdita di consensi a cui si è aggiunta l’uscita del gruppo di Di Maio che di sicuro ha complicato non poco la situazione.
Tuttavia in questo mare magnum ambiguo e privo di una prospettiva comprensibile, il presidente del Consiglio ha nobilmente lasciato cadere la volgare accusa di avere agito dietro le quinte per favorire Di Maio e fare fuori Conte, secondo una vulgata sostenuta dal sociologo De Masi e dal direttore del Fatto quotidiano, senza però che nessuna prova sia mai stata esibita nonostante l’esplicita richiesta del presidente Draghi.
Difficile rintracciare un filo logico ed un tentativo di plausibile chiarificazione. Goliardicamente verrebbe da dire che ormai la frittata è stata fatta e in modo irreversibile. L’unico punto di plausibile chiarezza resta la posizione del presidente del Consiglio, fermamente contrario a pastrocchi dell’ultimo momento e tanto meno alla possibilità di procedere col suo governo senza la conferma degli equilibri e la presenza di tutti i partiti che hanno contribuito a rispondere positivamente alla fine all’invito del capo dello Stato e al conferimento dell’incarico a Mario Draghi. Ipotizzare soluzioni è allo stato temerario ed impossibile. Inesorabilmente la palla tornerà nelle mani del presidente della Repubblica con il grave ed irresponsabile rischio di elezioni anticipate.