Una analisi preoccupata, anche perché lo sanno anche i sassi che il Cremlino userà il caro-bollette e la paura della gente di impoverirsi per avere più sostegno nell’occupazione dell’Ucraina, vedersi tolte le sanzioni e avere al potere governi se non filo-russi quantomeno nemici dell’Europa.
Non è l’astensionismo, tantomeno l’ulteriore elemento di incertezza determinato dai votanti fuori sede. La vera incognita che grava sul voto del 25 settembre, sono le interferenze con cui il governo russo può condizionare l’esito delle elezioni. Si tratta, secondo il professor Gianfranco Pasquino, di un pericolo concreto ma sottovalutato, sul quale i politici dovrebbero prendere posizione.
«Il rischio dell’astensionismo c’è – osserva il professore emerito di Scienza della Politica all’università di Bologna – ma non è più grande rispetto a precedenti elezioni. Di fatti non c’è una grande mobilitazione e non c’è nulla di particolarmente esaltante che spinga gli italiani a recarsi in massa alle urne».
«Il rischio vero e preoccupante di questa tornata elettorale sono le infiltrazioni e le interferenze russe, di cui poco si sa e dalle quali è molto complesso difendersi. La miglior difesa – aggiunge Pasquino – potrebbe arrivare da quei politici che hanno mantenuto in passato un atteggiamento ambiguo o di connivenza nei confronti di Mosca. Dicano con chiarezza e rinneghino apertamente e recisamente ogni tipo di relazione attuale e futura con Putin e il suo regime».
«Per il resto siamo di fronte a una campagna sempre più puntata sui social, sempre più personalizzata e contrassegnata dall’immagine dei vari leader e esponenti di partito. Meloni, Salvini, Letta e Calenda; un po’ defilato Matteo Renzi inspiegabilmente al di sotto dei suoi standard di presenze e infine Giuseppe Conte, buon ultimo, del tutto incapace com’è di bucare lo schermo, che ripete come un mantra inascoltato `noi lo avevamo detto… avevamo messo in guardia il Paese…«.
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