L’atmosfera è un po’ quella cantata da Franco Califano ‘la musica è finita, gli amici se ne vanno, che inutile serata amore mio’ o quella malinconica descritta da Thomas Mann in ‘Morte a Venezia’.
In una parola: mestizia. I sondaggi del lunedì di Enrico Mentana si abbattono sui candidati dem dei collegi uninominali come un tornado, altrettanto effetto fanno le immagini rilanciate dai network televisivi dei bagni di folla di Giorgia Meloni in Sicilia e degli scatti romantici della leader di Fratelli d’Italia con Salvini a Messina.
Certo la campagna elettorale è all’inizio, certo i giorni decisivi saranno gli ultimi 10 per convincere la massa degli indecisi, ma quel gap di 19 punti certificati dal sondaggio della Swg rischiano di essere una pietra tombale sulle residue speranze di Letta.
D’altra parte l’aria in Italia è quella, la destra va nelle piazze, la sinistra cerca conforto nelle sedi di partito o al massimo nelle Feste dell’Unita’.
Eppure c’è una variabile che resiste anche nei sondaggi, oltre che nella testa di tanti parlamentari del Pd, e si chiama Mario Draghi. Si ancora lui, il Presidente del Consiglio disarcionato a luglio da Conte, Salvini e Berlusconi. La strada (stretta) in cui molti sperano passa dal Senato, oltre che dalla esplosività della situazione internazionale. Se la maggioranza a Palazzo Madama dovesse essere meno larga del previsto, e se il risultato del terzo Polo, raggiungesse percentuali altisonanti, i gruppi parlamentari potrebbero convenire che la permanenza dell’ex governatore della Bce a Palazzo Chigi, sarebbe la scelta più sicura per il Paese.
Certo è che, dopo il 25 settembre, si apre il pentolone del Pd ed il conto rinfacciato al segretario nazionale sarà pesantissimo.
Le doglianze nei confronti di Letta sono tantissime e condivise un po’ da tutte le correnti, Guerini e Franceschini in primis.
Il ‘Salvatore della Patria’ si sta già scaldando in panchina ed i lettori di Globalist lo conoscono da tempo: si chiama Stefano Bonaccini. Certo bisognerà vedere se alla sinistra di Schlein, Orlando, Provenzano, andrà bene un segretario che come prima cosa ricucirebbe i rapporti con Renzi e Calenda. Questo però è un altro film, la cui visione potrebbe impegnarci fino al 2023.
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