Lui si sta spendendo ed è in grado di parlare al mondo degli incerti o dei delusi della sinistra. Chissà se alla fine sarà una delle carte della rimonta del Partito Democratico.
«Non sono neanche candidato eppure sono qui per darmi da fare come vorrei che facessero anche i cittadini». Lo ha detto Pierluigi Bersani al suo arrivo a Cosenza, rispondendo ai giornalisti.
«L’aliquota unica dell’Irpef – ha detto Bersani – vuol dire che in Calabria il reddito pro capite è di 17.000 euro, in Veneto, Lombardia ed Emilia è fra i 30 e 40.000 euro, quindi con un’aliquota in mezzo vuol dire che chi sta sotto paga di più e chi è sopra paga di meno, e se fai l’autonomia differenziata in equilibrio con il cosiddetto presidenzialismo, tu hai un paese Arlecchino dove ognuno fa le sue scuole, le sue sanità. Io credo che per il Mezzogiorno basti questo per capire che non si scherza e che si è a rischio di una demagogia pericolosissima, c’è un rischio di regressione sui diritti sociali e diritti civili che è micidiale, perché questa è gente che non vuole il salario minimo e vuole aumentare la precarietà, gente che vuole togliere il reddito di cittadinanza e ha votato contro il ius scolae e il fine vita. Andiamo al dunque: qual è il progetto per l’Italia? Noi siamo in questa lista unitaria e siamo per ribadire che devono star bene tutti».
«Le rilevazioni – ha detto Bersani – ci dicono che la gente che sta bene o benissimo va a votare per il 72%, la gente che sta benino va a votare per il 60%, la gente che sta male va a votare per il 28%. In questo 28% ci sono molti giovani che sono vittime di una precarietà micidiale. Si tratta di lavoratori che guadagnano meno di 1000 euro al mese e soprattutto sono giovani, quindi bisogna disboscare la precarietà come hanno fatto in Spagna e ci vuole un contratto di formazione lavoro o di apprendistato e il tutto il resto della precarietà va spazzato via. Questa è la cosa più concreta e precisa da dire ai giovani, che ormai sono disillusi».
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