Nei manuali di storia politica, si parlerà a lungo di ‘strategia alla Letta’, per intendere le mosse decise da un competitor per far stravincere l’avversario. Una sorta di Communardo Nicolai (l’ex difensore del Cagliari noto per la propensione alle autoreti) della politica.
Oggi lo scrivono e lo dicono tutti, gli errori di Enrico Letta hanno fatto davvero la differenza (per Giorgia Meloni).
Il primo ed il meno dibattuto è stato quello di arrivare alla caduta di Draghi con un solo schema in testa, il rapporto esclusivo con il M5S.
L’esito elettorale conferma che Conte è più forte se torna alle origini e che il suo elettorato non è sovrapponibile a quello del Pd.
La ripresa del ‘campo largo’, come predicano Bettini, Orlando, Manfredi ed Emiliano è possibile a patto che i democratici sviluppino una sudditanza formale al partito di Conte. Una fine davvero ingloriosa per chi nacque al Lingotto con la vocazione maggioritaria.
Il secondo errore esiziale del segretario dem è stato tentare di abboccare Carlo Calenda, per fare un torto a Matteo Renzi. Il modo di procedere doveva essere esattamente l’opposto, Letta doveva tentare un accordo con Renzi, che Calenda (senza firme) sarebbe stato costretto ad assecondare. Brutta cosa per un leader farsi accompagnare dal risentimento, ma tant’è questo è quello che è successo.
I primi due errori fatali hanno causato tutto il resto: una campagna elettorale afona, una classe dirigente inguardabile (memorabile la Debora Serracchiani mandata a commentare la sconfitta la notte del 25), l’assenza totale di temi, il ricorso ad un voto utile, che con le distanze che si erano create, certamente non poteva scattare.
Che cosa succederà ora? I pretendenti al Nazareno (Bonaccini in testa) propendono per una linea impossibile (da Articolo 1 a Renzi e Calenda), sarà smentita nei fatti tra poche settimane, in campo resta solo l’opzione di sottomettersi al M5S. Ovvero quella che sembrava una battuta cattiva pronunciata da Renzi in campagna elettorale, il ‘Pd a 5 stelle’ potrebbe molto presto diventare realtà. Da quel punto di vista la migliore interprete di quel filo rosso con i figli di Grillo, è la Ocasio Cortez de no’antri, Elly Schlein.
A quel punto, la sempre più esigua area moderata dei democratici avrebbe una sola alternativa: uscire dal partito e riunirsi con il terzo polo.
I problemi in casa Pd sono davvero enormi, il congresso appare come uno dei minori.
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