Pd, le 'grandi manovre' della sinistra interna per fermare l'ascesa di Bonaccini ai vertici del partito
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Pd, le 'grandi manovre' della sinistra interna per fermare l'ascesa di Bonaccini ai vertici del partito

Incuranti della realtà, della guerra in Europa, del prossimo insediamento della prima donna a Palazzo Chigi, i capibastone dem fanno la cosa che gli riesce meglio: darsele di santa ragione per avere le chiavi di casa

Pd, le 'grandi manovre' della sinistra interna per fermare l'ascesa di Bonaccini ai vertici del partito
Bonaccini e Elly Schlein
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5 Ottobre 2022 - 12.57


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Sembra di essere tornati alla ‘magica’ stagione di Berlusconi, oggi sui principali quotidiani nazionali si è celebrata la giornata dell’orgoglio dei dinosauri della sinistra italiana, Massimo D’Alema, Pierluigi Bersani, Walter Veltroni, con l’aggiunta del ‘pischello’ Peppe Provenzano. L’obiettivo delle pensose interviste non era però il Cav, ma lo stato comatoso del Pd.


Ognuno di loro ha esposto la propria cura, tutti abbastanza concordi sulla necessità di superare i dem, Bersani ha pure proposto di abolire le primarie, D’Alema di tornare al comitato centrale d’intesa con il caro amico Conte che lo chiama anche quando ha il raffreddore, Provenzano di consumare un congresso infinito, o almeno fino a quando la sinistra non trovi il candidato giusto per battere il menscevico Bonaccini.


Tutto molto prevedibile quello che sta succedendo in queste ore al Nazareno. Incuranti della realtà, della guerra in Europa, del prossimo insediamento della prima donna a Palazzo Chigi, i capibastone dem fanno la cosa che gli riesce meglio: darsele di santa ragione. Il nodo, come è noto, sono le chiavi di casa. La sinistra interna, rafforzata da Zingaretti e da Letta, ormai le sente proprie e non ci pensa neanche a cederle al Presidente dell’Emilia Romagna. Così da settimane propone una cosa assurda: restare nel limbo, non celebrare il congresso, non eleggere un segretario, ed affrontare in questo modo persino le regionali in Lazio e Lombardia (‘ormai intanto sono perse’).

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Bonaccini fa paura, per le amicizie che ha dentro e fuori il Pd. Fa paura inoltre perché la sinistra sente molto vicina la meta del superamento dell’anomalia veltroniana, per l’appunto il Pd e con l’emiliano al timone il traguardo tornerebbe ad allontanarsi. Un partito mai troppo amato (basta ricordarsi il D’Alema dei tempi andati) per la forzosa convivenza con i democristiani ed oggi con i suoi eredi di Base riformista.


I problemi di Andrea Orlando sono due in questo momento: che non ha il nome giusto per battere Bonaccini e che a breve non potrà fare il ministro.


Il terzo invece , si chiama Elly Schlein, il galleggiatore spezzino la vede come una minaccia ai suoi insediamenti, la Ocasio Cartez de no’antri infatti non risponde direttamente alla sua corrente.


Come finirà? Sugli spalti c’è un grande tifo per chi propone il superamento del Pd, se invece dovesse prevalere la linea del confronto muscolare interno, l’eterno ministro che spiega le sconfitte (Andrea Orlando) sarebbe costretto a metterci la faccia e sfidare il Governatore. Non ne ha tanta voglia però.

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