Migranti, Piantedosi-Salvini, uno-due contro le Ong
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Migranti, Piantedosi-Salvini, uno-due contro le Ong

Il prefetto-ministro Matteo Piantedosi ha presentato la sua ricetta per affrontare l'emergenza migranti. Una ricetta indigesta. 

Migranti, Piantedosi-Salvini, uno-due contro le Ong
Matteo Piantedosi e Matteo Salvini
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23 Ottobre 2022 - 19.03


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Il prefetto-ministro Matteo Piantedosi ha presentato la sua ricetta per affrontare l’emergenza migranti. Una ricetta indigesta. 

No allo “Spontaneismo umanitario”

“Dobbiamo continuare a riaffermare l’esigenza che i flussi migratori devono essere affidati all’intervento degli Stati e alla loro capacità di governare questo fenomeno, e non all’azione dei trafficanti e neanche a quella dello spontaneismo sia pur umanitario”, ha detto il neo ministro dell’Interno, in una intervista al Messaggero. “Insisto sull’indispensabilità che i flussi vengano governati dagli Stati”.

Fuori dalle frasi fatte, dalle pillole addolcite, il ministro-prefetto due cose le dice chiaramente: 1) nessuna condivisione europea, sta agli Stati agire. Contro i trafficanti di esseri umani, e ci mancherebbe altro, e non farsi condizionare dallo “spontaneismo umanitario”.

Uno-due contro le Ong
A declinare il Piantedosi-pensiero ci pensa Libero. Scrive il giornale diretto da Alessandro Sallusti: “Il primo dato da evidenziare è che la Lega si riprende il tema della lotta all’immigrazione selvaggia. Matteo Piantedosi agli Interni e Matteo Salvini alle Infrastrutture e Mobilità è un “uno-due” da mandare ko Ong e trafficanti vari. Piantedosi è sì un tecnico, ma è pur sempre il capo di gabinetto che all’epoca del governo gialloverde – con Salvini agli Interni scrisse i decreti sicurezza che diedero un giro di vite significativo agli sbarchi selvaggi. Decreti che, riveduti e corretti, verranno certamente riproposti. Salvini a questo giro avrà invece le Infrastrutture e Mobilità, che al netto dei cantieri sui quali ragioneremo a breve, significa avere il controllo della Guardia Costiera, altro tassello fondamentale per frenare l’immigrazione. Una delega quest’ultima che, contrariamente a quanto era circolato in giornata, non finiranno al neonato ministero del Mare, ma resteranno in pancia alle Infrastrutture. Insomma Salvini proverà a salire metaforicamente sulle motovedette per tornare ad essere “il Capitano”, frenare gli sbarchi e invertire le tendenze elettorali della sua Lega”.

Bastone. Senza carota

Ne scriveva Tommaso Coluzzi su fanpage.it nell’analizzare il programma elettorale della coalizione di destra.

“Per capire quali saranno le mosse del governo Meloni  – annota Coluzzi – bisogna guardare al programma unitario del centrodestra, che dedica una pagina intera a “sicurezza e contrasto all’immigrazione illegale”. In questo capitolo – il sesto del programma – vengono mescolati i temi della sicurezza e dell’immigrazione. Questi sono i punti elencati che riguardano i migranti e l’accoglienza:

• Decreti sicurezza

• Contrasto all’immigrazione irregolare e gestione ordinata dei flussi legali di immigrazione

• Favorire l’inclusione sociale e lavorativa degli immigrati regolari

• Difesa dei confini nazionali ed europei come richiesto dall’Ue con il nuovo Patto per la migrazione e l’asilo, con controllo delle frontiere e blocco degli sbarchi per fermare, in accordo con le autorità del nord Africa, la tratta degli esseri umani

• Creazione di hot-spot nei territori extra-europei, gestiti dall’Unione Europea, per valutare le richieste d’asilo

• Garantire ai Comuni le risorse necessarie per far fronte alle spese per la gestione e la presa in carico dei minori non accompagnati

Il ritorno dei decreti sicurezza

I decreti Sicurezza sono uno dei punti forti di Matteo Salvini, anche se avevano dei chiari problemi soprattutto per ciò che riguarda lo smantellamento del sistema di accoglienza. Per la Lega, però, è una misura identitaria e perfetta per la propaganda anti-migranti. Si parla anche del contrasto all’immigrazione irregolare e a flussi organizzati per l’ingresso in Italia, così come del favorire l’inclusione sociale di chi è nel nostro Paese regolarmente. Ci sono anche le garanzie economiche ai comuni che si fanno carico dei minori non accompagnati.

Le politiche di controllo degli sbarchi

Venendo agli aspetti che riguardano più precisamente gli sbarchi dal Mediterraneo, che continuano a essere un’emergenza quotidiana nel Sud Italia, le proposte sostanzialmente sono due: da un lato bisogna controllare le frontiere e difendere i confini nazionali, dall’altro fare accordi con i Paesi del Nord Africa sia per “fermare la tratta” sia per creare degli hotspot direttamente lì dove valutare le richieste d’asilo.

In sostanza gli accordi con la Libia, tanto criticati negli anni passati dalle Ong e osservatori internazionali, potrebbero essere addirittura rafforzati. Quanto ai controlli direttamente nei Paesi del Nord Africa, invece, sembra molto complesso poterli realizzare. Soprattutto sotto il controllo dell’Unione europea”.

Cosa prevedeva il decreto sicurezza

Da un report di Openpolis: “Il dl 113/2018, anche noto con il nome di “decreto sicurezza”, rappresenta la politica migratoria interna elaborata da Salvini quando era ministro dell’interno – insieme al “decreto sicurezza bis” (dl 53/2019) che si occupava invece del fronte esterno, promuovendo una politica di chiusura delle frontiere.

Lo scopo dichiarato del decreto era appunto quello di garantire una maggiore “sicurezza”, contenendo gli sbarchi di migranti sulle coste italiane, garantendo minori diritti e favorendo espulsioni e rimpatri.

Il decreto ha abolito la protezione umanitaria

Sono state due le novità principali introdotte. In primo luogo, l’abolizione della protezione umanitaria, una forma di protezione residuale che poteva essere offerta a chi non riceveva lo status di rifugiato né la protezione sussidiaria ma che al contempo non poteva essere allontanato dall’Italia per ragioni oggettive.

Questo dispositivo è stato sostituito con la cosiddetta protezione “speciale”, che consisteva nella concessione di un permesso di soggiorno per casi considerati speciali, di grave stato di malattia, di contingenze di eccezionale calamità o per atti di particolare valore civile.

Il decreto sicurezza abolisce la protezione umanitaria, una forma di protezione nazionale che era stata istituita dal testo unico sull’immigrazione nel 1998, introducendo la possibilità di concedere una forma di “protezione speciale”. 

Un’altra novità importante è stata lo smantellamento del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar). Lo Sprar era il luogo della seconda accoglienza ed era maggiormente orientato verso l’inclusione rispetto alla prima accoglienza, per lo più assistenziale.

Lo Sprar è stato sostituito dal Siproimi.

Con il decreto sicurezza lo Sprar diventa il Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (Siproimi). La principale differenza è che in questo secondo schema i richiedenti asilo erano costretti ad aspettare nei Cas l’esito della loro domanda. Ragione per cui i Cas erano diventati una tappa obbligata. Oltre a essere centri di accoglienza straordinaria e quindi in teoria non pensati per un fenomeno strutturale e organico come i flussi migratori normali, i Cas sono anche strutture meno orientate all’inclusione. Con il passaggio da Sprar a Siproimi, la seconda accoglienza è divenuta prerogativa esclusiva di chi era già titolare dell’asilo. In altre parole il sistema ha escluso dai centri i richiedenti asilo.

Il Siproimi è stato istituito nel 2018 e sostituiva il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), in vigore dal 2002 al 2018. 

Da una parte quindi l’eliminazione di una delle principali forme di protezione per i richiedenti asilo e dall’altra lo smantellamento di una parte del sistema di accoglienza il cui scopo era maggiormente volto all’inclusione dei migranti ospitati. Con conseguenze molto negative.

Gli effetti della politica di esclusione

Le modifiche apportate dal decreto sicurezza hanno generato una maggiore esclusione e, conseguentemente, la marginalizzazione di un’ampia parte dei richiedenti asilo.

L’eliminazione della protezione umanitaria, in particolare, ha portato a un considerevole aumento del numero degli irregolari, in quanto moltissimi richiedenti hanno visto la propria domanda di asilo respinta. Una quota che risultava già elevata in precedenza (nel 2018 si attestava al 67%), ma che ha registrato in quegli anni un incremento notevole. Nel 2019 era infatti salita all’81%.

Negli anni in cui era ancora in vigore, la protezione umanitaria era accordata a una quota consistente di richiedenti asilo compresa tra il 21% e il 25%. Il ruolo della protezione speciale non ha avuto la stessa portata, arrivando a coprire un massimo pari a circa il 2% delle richieste nel 2020 (meno dell’1% nel 2019).

I numerosi richiedenti le cui domande di asilo erano rifiutate venivano poi mandati in Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), dove vengono detenuti in condizioni spesso degradanti fino al momento dell’espulsione.

Soprattutto però se consideriamo la scarsa efficacia della politica dei rimpatri  (quelli effettivi ammontavano, nel 2020, al 13% degli ordini), è chiaro che si trattava di una soluzione miope, che finiva per creare una consistente fascia di popolazione che si trovava in un limbo: in Italia, ma senza la possibilità di vivere normalmente. La stragrande maggioranza di queste persone infatti si ritrovavano senza documenti, senza la possibilità di trovare una casa o un lavoro, esposte alla criminalità e alla marginalità.

A questo poi si aggiunge, come conseguenza delle modifiche apportate al sistema di seconda accoglienza, il significativo taglio dei costi di gestione dei centri. Si tratta di un altro argomento “forte” da parte della Lega e di Salvini, che hanno sempre affermato di voler combattere il cosiddetto “business dell’immigrazione”. Secondo gli annunci, il taglio dei costi per le strutture di accoglienza sarebbe servito a questo scopo. Nella realtà, però, ha ottenuto l’effetto di concentrare richiedenti asilo e rifugiati in centri di dimensioni maggiori. Il risultato è stato penalizzare i piccoli gestori, che non riescono a gestire un centro con prezzi più bassi, a vantaggio dei grandi, che al contrario operando economie di scala possono permettersi di aprire grandi centri collettivi.

Il decreto sicurezza – conclude Openpolis – ha quindi penalizzato il modello dell’accoglienza diffusa sul territorio, considerato più virtuoso e orientato all’inclusione sociale dei migranti nelle comunità ospitanti. Inoltre, il passaggio obbligato dei richiedenti asilo nei Cas ha limitato l’apprendimento linguistico e l’orientamento lavorativo, caratteristiche peculiari dello Sprar”.

Il neo ministro dell’Interno del governo più a destra nella storia d’Italia dopo Benito Mussolini riparte da qui. In sintonia (combutta) con il ministro delle Infrastrutture, l’amico Salvini, che già ha proclamato di voler praticare la politica dei porti chiusi alle navi salvavita. Come titola Libero: “Uno-due contro le Ong”. 

Mala tempora currunt.

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