Di fronte al governo Meloni I serve una battaglia di R-Esistenza per i diritti e l’uguaglianza
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Di fronte al governo Meloni I serve una battaglia di R-Esistenza per i diritti e l’uguaglianza

Mantovano, Nordio, Roccella, solo per fare degli esempi. Il governo Meloni I nasce nel segno dell'attacco totale e frontale alle donne, alla comunità Lgbtqia+, ai diritti, alle libertà

Di fronte al governo Meloni I serve una battaglia di R-Esistenza per i diritti e l’uguaglianza
Giorgia Meloni
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Gianmarco Capogna Modifica articolo

3 Novembre 2022 - 14.54


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L’era del Meloni I si è aperta con grande chiarezza su quali siano le effettive priorità del nuovo governo: cavalcare la propaganda a cui ci ha abituato in campagna elettorale spostando l’attenzione dal fatto che sui temi quelli veri, forse, ancora una strada chiara non c’è.

Per questo nei primi giorni abbiamo assistito ad una assurda circolare con la quale si invita ad appellarsi a Meloni usando la formula maschile de “il Presidente”. Assurda sì ma non priva di una chiara strategia politica: la rivoluzione femminista e queer che in tutto il mondo si occupa di dare visibilità e riconoscimento alle donne e alle persone Lgbtqia+ passa necessariamente dal linguaggio. Un linguaggio che si apre al femminile e alle formule neutrali e inclusive di tutte le soggettività. Perché attraverso il linguaggio diamo forma al mondo e alle mille sfaccettature che lo compongono.

In questo senso, scegliere il maschile significa mettere un argine istituzionale a questa rivoluzione. Meloni lo sa, ne è consapevole, per questo non è un caso o un vezzo la sua scelta ma il punto finale – o iniziale – di una strategia di argine che trova un momento culminante nella presa di potere e, quindi, nell’uso del linguaggio. Un potere dai tratti maschili e patriarcali, nelle modalità e nelle scelte seppur portate avanti da una donna, e un linguaggio dagli stessi tratti a cui ci aveva già abituato in campagna elettorale non solo. 

Il tutto mentre nelle stesse ore Chiara, una giovane ragazza trans di 19 anni, decide di togliersi la vita mentre la madre non era in casa. Da anni era soffocata dal peso dei problemi familiari, dal bullismo, aveva scelto di abbandonare la scuola, si trovava ogni giorno ad affrontare odio e transfobia.  Il suo suicidio ci riguarda tutte e tutti, politica compresa. Specialmente la politica, perché le persone Lgbtqia+ vengono troppo spesso ignorate con la chiara volontà di cancellare la nostra esistenza, la nostra dignità e i nostri diritti. Sul suicidio di Chiara non abbiamo sentito nulla da parte del nuovo governo.

Di questa visione si è caricata la narrazione della destra che ha trovato poi una sua naturale conseguenza nella composizione del governo. 

Mantovano, Nordio, Roccella, solo per fare degli esempi. Il governo Meloni I nasce nel segno dell’attacco totale e frontale alle donne, alla comunità Lgbtqia+, ai diritti, alle libertà. Lo confermano le dichiarazioni che da anni fanno questi come altri Ministri e Ministre, Sottosegretari e Sottosegretarie che hanno fatto della battaglia contro i diritti e l’autodeterminazione una bandiera identitaria.

Non è nulla di inaspettato, accade così in tutto il mondo: in Europa in Paesi come Ungheria, Polonia, Russia, ma anche negli USA, ai tempi di Trump e con strascichi che continuano anche oggi. La destra sovranista, populista e radicale si unisce nel segno della negazione dei diritti, nel tentativo di cancellare le identità Lgbtqia+ che rompono la concezione di una “naturalità sociale” che è già superata dalla storia ma che resta il baluardo a cui appigliarsi per continuare la crociata dell’ordine naturale.

Anche l’Italia del governo Meloni I non è immune da tutto questo. I primi obiettivi sembrano chiari: controllo e restrizione delle libertà. Controllo delle piazze e delle manifestazioni – come il decreto rave party scritto di fretta e male tanto che si è già detto che sarà il Parlamento a modificarlo – ma anche controllo dei corpi, delle famiglie, dell’amore.

E’ il caso della 194 e del diritto all’aborto, è il tema della legge contro l’omolesbobitransfobia, l’opposizione ad ogni forma di riconoscimento delle famiglie arcobaleno, la lotta contro la più grande fake news di questi tempi: l’inesistente teoria gender.

Il tutto suggellato da un patto con i movimenti anti-choice, provita e ultracattolici che, difatti, da sempre si sono schierati con la destra ricevendo indietro grandi privilegi. Un esempio su tutti gli oltre 400mila euro stanziati dalla Regione Piemonte per le attività di queste realtà nei consultori che, invece, andrebbero libertati e riportati a luogo di mutuo aiuto.

Ci aspettano tempi difficili, specialmente per la lotta per i diritti e l’uguaglianza. Quello che serve ora è una risposta corale capace di unire movimenti e politica. Lavoriamoci da subito perché cinque anni sembrano tanti ma in realtà sono dietro l’angolo, come lo sono le elezioni regionali di Lazio, Lombardia e Friuli Venezia Giulia.

Non c’è campo largo o progressista che sia se non è un campo chiaro anche in ottica di diritti, libertà e autodeterminazione.

E’ una battaglia di Resistenza che dobbiamo combattere tutte e tutti insieme, perché solo insieme siamo più fortə.

Noi persone Lgbtqia+ nasciamo dalla rivolta di Stonewall del 1969 e siamo parte di quello spirito. Abbiamo scelto da quella notte che avremmo smesso di nasconderci, di pensarci sbagliatə, comprendendo che la nostra forza più grande è la nostra visibilità. Quella stessa visibilità che la destra vuole a tutti i costi negarci perché se non siamo visibilə allora non esistiamo.

Sbagliano, la nostra stessa esistenza è R-Esistenza.

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