Roberto Saviano è a processo per un’accusa di diffamazione nei confronti di Giorgia Meloni, che definì “bastarda” durante una trasmissione televisiva. Leggendo una dichiarazione scritta, appena fuori il tribunale di Roma, Saviano ha spiegato la sua tesi difensiva.
“Dinanzi ai morti, agli annegamenti, all’indifferenza, alla speculazione – soltanto poco più del 10 per cento dei migranti vengono salvati dalle Ong e tanto basta per aver generato un odio smisurato verso di loro e verso i naufraghi stessi – dinanzi a quella madre che ha perso il bambino, io non potevo stare zitto. Non potevo accettarlo. E sento di aver speso parole perfino troppo prudenti, di aver gridato indignazione perfino con parsimonia”.
“Si attaccano le Ong perché non si vogliono testimoni che raccontino questo scempio – ha continuato l’autore davanti a cronisti e telecamere – Dinanzi a tutto questo, non c’è la volontà genuina di ragionare sulle quote di migranti da accogliere, sulla gestione dell’accoglienza, sugli investimenti.
Quello che mi sento di promettere a chi difende le mie parole e a chi le accusa chiedendo che io sia punito per averle pronunciate, è che non smetterò mai di stigmatizzare, di analizzare, di usare tutti i mezzi che la parola e la democrazia mi concedono per smentire questo scempio quotidiano”.
L’avvocato Luca Libra, legale del premier, parla così ai cronisti: “La querela nasce dal livore utilizzato. Io ho insegnato a mio figlio che la parola bastardo è una offesa. Valuteremo comunque se ritirare la querela”.
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