Il governo Meloni vuole mettere mano alla Giustizia, cambiando l’istituto delle intercettazioni, l’annosa questione della separazione delle carriere della magistratura e non solo. Ne ha parlato il ministro della Giustizia Carlo Nordio, in audizione al Senato. Le intercettazioni attraverso la “diffusione selezionata e pilotata” sono diventate “strumento micidiale di delegittimazione personale e spesso politica. Per questo proporremo una profonda revisione” della disciplina delle intercettazioni e “vigileremo in modo rigoroso su ogni diffusione che sia arbitraria e impropria”.
Nordio apre inoltre alla separazione delle carriere in magistratura affermando: “Non ha senso che il pm appartenga al medesimo ordine del giudice perché svolge un ruolo diverso”. E chiarisce: “Nella gestione di migliaia di fascicoli, il pubblico ministero non è in grado, per carenza di risorse, di occuparsene integralmente, e quindi è costretto a una scelta; non solo, ma può trovare spunti per indagare nei confronti di tutti senza dover rispondere a nessuno.
Un tale sistema conferisce alle iniziative, e talvolta alle ambizioni, individuali di alcuni magistrati, per fortuna pochi, un’egemonia resa più incisiva dall’assenza di responsabilità in caso di mala gestione. Come capo della polizia giudiziaria, il pm ha infatti una reale autorità esecutiva. Ma come magistrato gode delle garanzie dei giudici, e quindi è svincolato da quei controlli che, in ogni democrazia, accompagnano e limitano l’esercizio di un potere”.
Nordio sottolinea quindi che l’obbligatorietà dell’azione penale “si è tradotta in un intollerabile arbitrio. Il pm può trovare spunti per indagare nei confronti di tutti senza rispondere a nessuno”.
Il ministro annuncia inoltre la riforma del Codice penale per adeguarla al dettato costituzionale, e una completa attuazione del codice Vassalli, insieme con una “riforma garantista e liberale” da realizzare anche con una “revisione della Costituzionale. Nordio indica i fronti sui quali intervenire: la presunzione di innocenza che “continua a essere vulnerata in molti modi”, l’ “uso eccessivo e strumentale delle intercettazioni”, l’azione penale che è “diventata arbitraria e capricciosa”, la custodia cautelare usata come strumento di pressione investigativa.
In merito al nodo carcere, spiega poi, davanti alla commissione Giustizia: “Assistiamo all’uso e, talvolta, all’abuso della custodia cautelare come surrogato temporaneo dell’incapacità dell’ordinamento di mantenere i suoi propositi. La benevolenza finale per la quale alla facilità di ingresso in carcere prima della sentenza fa seguito la liberazione dopo la condanna non è una manifestazione di generosità ma di rassegnazione”.
Quanto al tema della controversia sulla prescrizione, si tratta della “certificazione finale dell’inefficienza dell’ordinamento che, per evitare una prolungata graticola sulla giustizia da parte del cittadino, richiede l’estinzione del reato o l’improcedibilità”.
Il ministro pensa inoltre a una “rivoluzione tecnologica” per la giustizia, a partire dall’accelerazione della digitalizzazione, e assicura che questa operazione “avverrà sotto lo strettissimo controllo della riservatezza dei dati sensibili presso i rispettivi uffici giudiziari”. Un punto “che ci sta molto a cuore – sottolinea davanti alla commissione -. Quando saranno adottate tutte le misure opportune per evitare alterazioni o intromissioni illecite nella consapevolezza che ad ogni avanzamento operativo aumentano i rischi di interferenze interessate”.
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