A fine anno, forse pressata anche da qualcuno dell’entourage, la nostra presidente del consiglio ( sappiamo che vuole essere chiamata “il presidente” ma l’italiano, quello grammaticale, si ribella) si presenta sotto una nuova aurea.
Non più donna dura, gli occhi che lanciano fiamme quando parla soprattutto con i giornalisti ( con i distinguo dovuti anche all’appartenenza politica), la voce tanto roca da sembrare quasi maschile, non più le vene gonfie al collo ma una Giorgia quasi dimessa in lacrime in Sinagoga per la festa di Hannukkah parlando di leggi razziali senza mai rinnegare chi quelle leggi le promulgò. Mai fatto il suo nome. Epperò sono le sue lacrime che hanno fatto il giro dei giornali e dei social.
E le lacrime, in tuta mimetica, a Erbil alla base della nostra missione in Iraq in mezzo ai nostri militari. Una mamma, madre, sorella, moglie, fidanzata che “piange” il suo uomo in zone lontane a difendere la “Patria” (sarebbe bene spiegare cosa è una missione di pace ma viene meglio usare ciò che arriva prima alla pancia).
Magari fra poco la vedremo girare anche con un rosario come il suo alleato/avversario Salvini, anche se ormai lo batte sistematicamente nella comunicazione.
La nuova Giorgia, che per molte donne ha rotto il tetto di cristallo che invece potrebbe ricadere sulla testa di molte di loro, vuole essere meno mascolina e più “madre” della Patria sempre nell’ottica del trittico “Dio, Patria, Famiglia” (lei che sarebbe formalmente per Santa Romana Chiesa una concubina con una figlia fuori dal matrimonio).
Aspettiamo la prossima puntata magari vestita angelicamente di bianco e celeste come la Madonna!
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