Congresso del Partito democratico, ora si sta entrando nel vivo. «Si è scelto di sovrapporre il processo costituente al congresso sui nomi. E, come temevo, il processo più mediatico, la competizione per la leadership, s’è mangiato l’altro. Serviva un processo anche con iniziative decentrate, coinvolgendo la società civile» per «verificare nel rapporto con la società italiana quanto ancora sia vivo e quanto vada aggiornato il progetto del Pd».
Così l’ex ministro e deputato Andrea Orlando. «Nessun processo sommario al Lingotto, ma il 2008 non è il 2022: è inconfutabile – dice ancora – Il Lingotto precedeva la crisi finanziaria dello scorso decennio e la prima vera crepa nel processo di globalizzazione». Serve un Pd più a sinistra? «Vogliamo metterlo in sintonia con un senso comune sempre più preoccupato per la crescita delle diseguaglianze. Sono stato processato quando ho criticato l’impostazione fortemente liberista: mi hanno accusato di voler tornare alla vecchia sinistra. Ma non c’è nostalgia: di fronte allo shock della permacrisi, urge una riflessione sul ruolo del pubblico».
Se vince Schlein ci sarà la scissione? «Ogni scissione va esclusa ma nulla è scontato, non solo perché il Pd attraversa una crisi, ma perché nel mondo nulla è come prima. Se i candidati non si fanno carico di un messaggio al Paese, il rischio è che si generi un vuoto in cui si può aggravare la crisi del Pd». Bisogna aprire al voto online? «Dobbiamo lavorare perché la partecipazione sia la più alta possibile: bene ogni strumento che lo consenta».
Voterà per Schlein? «È interessante il suo sforzo di mettere al centro dell’identità del partito il tema della lotta alle diseguaglianze, dei salari, della precarietà, dei cambiamenti climatici».
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