Il Pd continuerà a sostenere Kiev nella resistenza contro l’invasione russa o prenderà una posizione modello Giuseppe Conte dello stop agli aiuti militari?
Ci sono molti motivi per cui non c’è da dubitare sul fatto che il Partito Democratico continuerà a tenere dritta la barra sul sostegno a Kiev. E sono stati tutti sviluppati nel giro di un’ora davanti all’ingresso dell’Aula della Camera: qui si sono ritrovati i sostenitori della mozione Schlein in predicato di diventare membri della segreteria dem. E qui la segretaria eletta alle primarie si è intrattenuta a lungo anche con quanti hanno lavorato per Stefano Bonaccini, poi sconfitto al congresso.
Particolarmente lungo è stato il faccia a faccia di Schlein con Lia Quartapelle, già responsabile Affari Esteri e Comunitari della segreteria Letta. Quartapelle è stata tra le sostenitrici di Bonaccini ed è in prima fila nel chiedere che il partito prenda una posizione netta di sostegno a Kiev.
Assieme a lei, hanno salutato la nuova segretaria altri esponenti vicini a Bonaccini: Piero De Luca, Marianna Madia, Rachele Scarpa, Anna Ascani. La segretaria sorride, concede calorosi abbracci a tutti. Nel frattempo gli esponenti a lei più vicini le fanno un cordone attorno.
«Non c’è niente da spiegare», ha detto Peppe Provenzano, fino a ieri vicesegretario del Partito Democratico, oggi nome forte dell’area Schlein: «Il Pd ha votato tutti i decreti per l’invio delle armi in Ucraina e lo ha fatto anche Schlein. Chi solleva questo tema lo fa più che altro per questioni interne al partito, per mettere un po’ di polemica in questa fase».
Parole confermate, lontano dai microfoni, da un dirigente di lungo corso del Pd. «Bisogna tenere presente che l’Italia è collocata in a una alleanza internazionale, non è che si decide di stare o non stare nella Nato. Tra l’altro, il nostro Paese non è il primo della classe nella fornitura di armi all’Ucraina. C’è chi fa più di noi».
La posizione di Elly Schlein rimane, quindi, quella ribadita più volte durante la campagna congressuale: andare avanti senza tentennamenti nel sostegno a Kiev agendo, parallelamente, per favorire una soluzione diplomatica. In questo, osserva una parlamentare dem, «è l’Europa, semmai, che non sta facendo abbastanza. Su questo, come Italia e come Europa non possiamo fare una spinta al processo di pace».
Il ragionamento è che «pronunciare la parola `pace´ non significa dire `abbandoniamo gli ucraini a loro stessi e laviamocene le mani´. Significa avere la pace come obiettivo primario».
C’è, infine, – dicono – una ragione personale e famigliare che dovrebbe tranquillizzare chi teme un disimpegno progressivo del Pd dalla vicenda Ucraina: «La famiglia paterna di Elly ha origini ucraine. Il suo bisnonno veniva da un villaggio vicino Leopoldi. Da lì è emigrato negli Stati Uniti». E sempre negli Stati Uniti ha vissuto per un periodo la stessa Schlein. È accaduto durante le campagne di Barack Obama a cui partecipò come volontaria. Insomma, un passaggio curricolare che non dovrebbe lasciare dubbi sull’atlantismo atlantismo della nuova segretaria.
Argomenti: Elly Schlein