Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha ricostruito in Aula alla Camera la dinamica del naufragio al largo di Cutro, che ha portato la morte di 72 persone. Secondo il numero uno del Viminale, incalzato e duramente attaccato dalle opposizioni in queste giorni per le sue dichiarazioni sulla questione, a causare l’incidente è stata “una brusca virata” effettuata dagli scafisti “nel tentativo di cambiare direzione per allontanarsi dal quel tratto di mare” dopo aver avvistato “dei lampeggianti provenienti dalla spiaggia” e quindi “temendo la presenza delle forze dell’ordine lungo la costa”.
“La barca, trovandosi molto vicino alla costa e in mezzo a onde alte, urta, con ogni probabilità, il basso fondale e per effetto della rottura della parte inferiore dello scafo, comincia a imbarcare acqua”.
Piantedosi ha poi esposto il bilancio della tragedia: 72 morti, di cui 28 minori, e 80 superstiti. Di questi ultimi, “54 sono stati accolti nel locale Centro di Accoglienza Richiedenti Asilo (Cara), 12 nel Sistema Sai a Crotone, otto sono ricoverati in ospedale, due minori non accompagnati sono stati collocati nelle strutture dedicate e tre soggetti, presumibilmente gli scafisti, sono stati arrestati”. I fermati sono un cittadino turco e due pakistani, uno dei quali minorenne. Il ministro ha aggiunto che “sono in corso le ricerche di un quarto scafista“.
Secondo Piantedosi, il Governo “ha finalmente riportato il tema migratorio al centro dell’agenda politica, in modo trasversale rispetto a tutte le dimensioni lungo le quali si esplica la sua azione: a livello nazionale, sul piano europeo e con i Paesi di transito e partenza dei flussi”, ha sottolineato Piantedosi. Il tutto basato sul presupposto che “la causa principale, immediata e diretta sia costituita dalle reti criminali dedite al favoreggiamento dell’immigrazione irregolare e che la causa profonda risieda nei persistenti e crescenti squilibri tra Nord e Sud del mondo”.
Piantedosi ha poi risposto alle accuse piovute su di lui in questi giorni sulle – imbarazzanti e gravissime – parole pronunciate all’indomani della tragedia. “Facevo riferimento quando, con commozione, sdegno e rabbia e negli occhi l’immagine straziante di tutte quelle vittime innocenti, ho fatto appello affinché la vita delle persone non finisca più nelle mani di ignobili delinquenti, in nessun modo volendo colpevolizzare le vittime. Mi dispiace profondamente che il senso delle mie parole sia stato diversamente interpretato. La sensibilità e i principi di umana solidarietà che hanno ispirato la mia vita personale, sono stati il faro, negli oltre trent’anni al servizio delle istituzioni e dei cittadini, di ogni mia azione e decisione”.
“Trovo incomprensibile aver messo in connessione il cosiddetto decreto Ong con il naufragio di Cutro”, ha poi osservato Piantedosi. “Né nel Mar Ionio né lungo la cosiddetta rotta turca hanno mai operato navi di Organizzazioni non governative e, poi, perché le regole introdotte con il citato provvedimento partono dal presupposto che prima di tutto devono essere sempre assicurati il soccorso e l’assistenza dei migranti a tutela della loro incolumità”.
Il quadro normativo nazionale, “peraltro sottoposto a vincoli di natura internazionale con specifico riguardo alla materia del soccorso in mare, non è assolutamente stato modificato dall’attuale governo”, ha affermato ancora il ministro dell’Interno. Le modalità tecnico-operative dei salvataggi “non possono essere in alcun modo sottoposte a condizionamenti di natura politica o a interventi esterni alla catena di comando. Dunque, sostenere che i soccorsi sarebbero stati condizionati o addirittura impediti dall’esecutivo costituisce una grave falsità che offende, soprattutto, l’onore e la professionalità dei nostri operatori impegnati quotidianamente in mare, in scenari particolarmente difficili”.
Riguardo le modalità di intervento dei soccorsi, per il ministro “è essenziale chiarire che l’attivazione dell’intero sistema Sar non può prescindere da una segnalazione di una situazione di emergenza. Solo ed esclusivamente se c’è tale segnalazione, si attiva il dispositivo Sar. Nel caso, invece, non venga segnalato un distress, l’evento operativo è gestito come un intervento di polizia, anche in ragione di quanto prima osservato circa la capacità di soccorso delle nostre unita’ navali. È esattamente quanto avvenuto nel caso in questione”.
Nella sua informativa alla Camera, il ministro ha inoltre ricostruito, ora per ora, il viaggio dei migranti finito in tragedia a Cutro citando anche il racconto dei sopravvissuti. “La traversata parte da Cesme, in Turchia, intorno alle 3 del 22 febbraio in condizioni meteorologiche ottimali. Condizioni che, tuttavia, dopo due o tre giorni peggiorano. Secondo il loro racconto, a bordo dell’imbarcazione erano presenti circa 180 persone, oltre a quattro scafisti, due turchi e due pakistani. Tre ore dopo l’inizio della navigazione, un guasto al motore dell’imbarcazione induce due scafisti a contattare, tramite cellulare, un complice. Dopo altre tre ore di attesa, i migranti sono raggiunti da una seconda imbarcazione, pilotata da altri tre scafisti. Dopo il trasbordo dei migranti, la navigazione prosegue verso le coste italiane. Sempre sulla base del racconto dei sopravvissuti, la barca giunta in sostituzione aveva due motori MAN entro-bordo. I migranti notano che gli scafisti dispongono di telefono satellitare e di un apparecchio che sembrava di tipo Jammer ovvero in grado di inibire la trasmissione e la ricezione di onde radio. Inoltre, quando l’imbarcazione incrocia davanti alle coste elleniche, gli scafisti sostituiscono la bandiera turca con quella greca. Durante la navigazione, sempre stando alla narrazione dei migranti, gli scafisti li costringono a restare sotto coperta, facendoli salire sul ponte solo pochi minuti per prendere aria”.
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