Il naufragio di Cutro continua a restituire vittime dal mare (al momento sono 86), quello accaduto pochi giorni fa al largo della Libia ha provocato 30 morti e una nuova ondata di polemiche sul governo Meloni. La destra sta provando in tutti i modi a scaricare altrove le proprie pesanti responsabilità, ribattendo con ignoranza e impreparazione – nel migliore dei casi – alle accuse che arrivano da ogni parte.
Va infatti sottolineato come la principale ‘linea difensiva’ della destra di governo – il non essere intervenuti perché l’imbarcazione si trovava in acque territoriali libiche – è falsa e priva di qualsiasi fondamento giuridico. Le acque Sar (Search and rescue) non sono infatti acque territoriali, entro le quali effettivamente non si può intervenire.
“Le zone Sar – spiega il giurista Fulvio Vassallo Paleologo sulla rivista dell’Associazione diritti e frontiere (Adif) – non sono da confondere con le acque territoriali, ma sono zone di responsabilità per le attività di ricerca e salvataggio, da condividere quando i mezzi non bastano con i paesi titolari delle zone Sar limitrofe. Non possono diventare zone di interdizione dei soccorsi che possono salvare vite. Quando un paese responsabile non interviene, devono intervenire gli altri Stati costieri, con la massima rapidità, se ricorre un caso di distress”.
“Qualora lo Stato competente per quella area Sar non assuma il coordinamento delle operazioni di soccorso – spiega ancora la Guardia Costiera – tali operazioni vengono coordinate dall’Autorità nazionale Sar che, per prima, ne ha avuto notizia ed è in grado di fornire la migliore assistenza possibile”.
“Tutti sanno – sottolinea Vassallo Paleologo – che le autorità maltesi non garantiscono soccorsi all’interno della loro zona Sar, e tutti dovrebbero sapere quali sono i limiti operativi della sedicente Guardia costiera libica, soprattutto se non è coordinata da assetti Frontex o italiani”. E salta agli occhi, sottolinea il giurista, una “contraddizione evidente: si afferma una giurisdizione in acque internazionali a carattere ‘universale’, dunque anche nella zona Sar libica o maltese, per dare la caccia agli scafisti, scambiati per trafficanti, ma nessuna giurisdizione in quelle stesse acque per salvare la vita a chi chiama soccorso. Se non faranno giustizia i giudici italiani – conclude – si ricorrerà alle corti internazionali”.
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