In questi giorni l’esponente dell’estrema destra post-missina, a sua volta post-fascista, ossia Edmondo Cirielli, ha sostenuto che alle madri condannate che finiscono in galera (e quindi devono aver commesso un reato grave per andare in galera) dovrebbe essere tolta la patria potestà.
Una follia. Ma se pensiamo al fine dicitore di questa bestialità politica (immaginate le conseguenze di una cosa del genere) non ci dobbiamo meravigliare più di tanto. Qui sotto un articolo scritto nel giugno del 2021 quando l’ex missino (ora al governo per disgrazia degli italiani) aveva presentato una proposta di legge che propone di “mettere al bando il comunismo”.
Al di là della stupidaggine politica (il comunismo ha avuto tante declinazioni diverse nella storia ma era e resta una ideologia che predica l’eguaglianza e aborre lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo) il nostro estremista di destra dimentica qualche piccolo dettaglio. Tipo che in Italia c’è stata una dittatura fascista dalla quale ci siamo liberati anche grazie alla Resistenza che ha visto i comunisti in prima file. E tipo che in Italia c’è una Costituzione democratica e antifascista (frutto del lavoro dei Costituenti, tra i quali comunisti e socialisti) e che uno dei tre firmatari della Costituzione è il comunista Umberto Terracini.
In altri termini in Italia – qui parliamo di Italia – i fascisti hanno tolto la libertà instaurando una dittatura mentre i comunisti sono stati tra i protagonisti del ritorno alla libertà e alla democrazia.
Riproponiamo l’articolo scritto a suo tempo da Giuseppe Costigliola
Chi credeva di aver ormai assistito ad ogni capovolgimento di senso, ad ogni sovvertimento della ragione, ad ogni stupro della storia e della memoria sarà rimasto sorpreso dalla notizia strombazzata dalla stampa reazionaria: attraverso tal Edmondo Cirielli e un coacervo di suoi colleghi, FdI ha presentato una proposta di legge che propone di “mettere al bando il comunismo”. Sulla scia dell’infausta risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 19 settembre 2019, codesto nugolo di statisti ritiene che sia “arrivato il momento di equiparare il regime comunista a quello fascista” e, poiché è in vigore (ma per niente applicata, aggiungiamo) una legge sul fascismo, costoro ventilano la necessità di estendere tali misure anche per “i regimi comunisti e i modelli totalitari sovietici, cubani, venezuelani”.
Il guazzabuglio in cui sobbolle questa proposta di legge non finisce qui: essa punta a introdurre una serie di disposizioni per il contrasto di gruppi, organizzazioni, movimenti, associazioni e partiti “che perseguono finalità antidemocratiche proprie delle ideologie totalitarie comuniste o di matrice religiosa islamica estremista”. I sapienti italici fratelli reputano che la politica eccessivamente buonista del nostro Paese avrebbe consentito di tollerare azioni, gesti, slogan e simboli che, udite udite, traggono la loro ispirazione dal regime dittatoriale comunista che in passato ha governato nell’Unione Sovietica e nell’Est europeo, in Cambogia, in Vietnam, in Cina, in Corea del Nord, a Cuba, “e che, oggi, è presente in Venezuela e in numerosi Paesi africani, mietendo milioni di vittime”. A condire ulteriormente il minestrone, i finissimi firmatari puntano l’immacolato dito anche contro le politiche migratorie “che alimentano il pericolo di insediamenti nel nostro territorio di persone e di associazioni che si ispirano all’ideologia estremista islamica”. Il cuoco Cirielli ha poi aggiunto un’ultima piccante spezia nel calderone (fascismo, comunismo, totalitarismo, islamismo, profughismo) giudicando del tutto antistorica la proposta di legge presentata alla Camera da Partito democratico, Movimento 5 Stelle, Italia Viva e Liberi e uguali, che hanno chiesto di eseguire la canzone “Bella ciao” dopo l’inno di Mameli in occasione delle cerimonie ufficiali per la Festa della Liberazione: “È una canzone di Togliatti che era al servizio dell’Unione sovietica, che ha fatto morire tanta gente”, ha tuonato con prosa zoppicante e piglio qualunquista, denotando indefettibile cultura.
Basterebbe forse una battuta del Benigni dei tempi d’oro (o del Crozza di oggi) per chiosare la notizia e relegarla nell’affollato scemenzaio nazionale, se non fosse che l’ignoranza storica e politica, la confusione metodologica e teoretica su cui riposa questa proposta di legge troverà certo terreno fertile in un numero imprecisato (ma certo troppo alto) di testoni gonfi di acritiche certezze e del tutto a digiuno delle pur minime conoscenze storiche. Dunque, qualche parola bisognerà spenderla.
L’equazione islam-estremismo-invasione straniera è un nonsense che si ridicolizza da sé, e davvero non varrebbe la pena spendere in tal modo la propria “intelligenza” per arraffare il voto di qualche fascista-razzista inconsapevole del mondo e della realtà. Equiparare il comunismo al totalitarismo è un errore di metodo e di forma, una costruzione vuota e artificiosa. Assumere la Cambogia o altre realtà distorte come simbolo del fallimento dell’ideale comunista è come asserire il fallimento del cristianesimo per via degli innumerevoli olocausti perpetrati nel mondo dalle nazioni cristiane, o dei processi alle streghe e del fenomeno dell’Inquisizione, o per le nefandezze dello Ior e l’oscurantismo medievale dell’Opus Dei. E non sembri peregrino il paragone, poiché il comunismo si è affermato ed è stato vissuto da chi lo ha abbracciato come una fede. Laica, certo, ma con numerose affinità con l’ethos cristiano, a cominciare dalla difesa degli ultimi, dei deboli e degli sfruttati. Inoltre, mescolare e confondere esperienze storiche, geografiche, sociali, antropologiche, politiche come quelle dell’Unione Sovietica, dell’Europa orientale, di paesi asiatici, caraibici, latinoamericani, africani e marziani indica una totale ignoranza delle vicende umane e della politica (cosa ben grave per dei politici di professione).
Equiparare il comunismo al fascismo è un’operazione intellettualmente disonesta e una castroneria storica, figlia di un becero revisionismo che da decenni cerca di accreditare a furia di ripeterla una falsità come verità, di operare sul cortocircuito della memoria per negare validità e valore morale all’antifascismo, alla sua idea e alla sua pratica, cancellare le tracce del sangue versato per la libertà dai tanti che vi si riconobbero e vi si riconoscono.
Il fascismo (e il nazismo suo confratello) postula il mito della razza (e già questo indica la sua inconsistenza, poiché per la scienza il concetto di razza non ha alcun fondamento), basato com’è sulla convinzione deterministica dell’uomo che domina sull’altro uomo: il suo principio costitutivo è dunque quello del razzismo e della diseguaglianza, accettata come un fatto naturale. Il comunismo è l’esatto contrario, poiché ha come ideale l’uguaglianza (politica, sociale, materiale, morale di tutti, uomini e donne), per ottenere la quale è nato e si è sviluppato, come un’utopia da realizzare nel tempo, con la lotta appunto alle disuguaglianze (di censo, di classe, di genere, di accesso alla ricchezza e alle risorse, dei diritti), allo sfruttamento delle classi lavoratrici, degli indifesi, degli emarginati. Il fascismo si fonda sul privilegio (di qualcuno a discapito di qualcun altro) e sul principio di autorità. Il comunismo sul diritto (di tutti), sulla condivisione (di ricchezze e di responsabilità), sulla solidarietà.
Il fascismo presuppone la disunione, si fonda sull’odio, sull’intolleranza verso l’altro da sé, sul disprezzo del diverso. Il comunismo tende all’inclusione, alla fratellanza, all’unione.
Il fascismo storicamente ha un nesso strutturale con la massima espressione della diseguaglianza economica, il capitalismo. Il comunismo si afferma come studio scientifico delle forme capitalistiche con lo scopo di abbatterle per creare un mondo più giusto, è informato da una visione di liberazione integrale, economica, sociale, umana dal dominio delle merci e dall’alienazione. È percorso da una necessità inderogabile, un impegno morale, concreto ed effettivo, “l’imperativo categorico di rovesciare tutti i rapporti nei quali l’uomo è un essere degradato, assoggettato, abbandonato, spregevole” (Marx). Propone un cambiamento ontologico: per citare Fromm, dalla dimensione dell’avere – che caratterizza il capitalismo e le ideologie regressive che strutturalmente lo supportano – alla piena dimensione dell’essere.
Il fascismo esige il governo dei pochi sui molti, idealizza la figura del capo supremo da seguire ciecamente, acriticamente. Il comunismo è critica dell’esistente, si batte per l’assunzione e la condivisione delle responsabilità civili e politiche, per la democrazia diffusa. Con la dimensione utopica che gli è connaturata, rivendica il principio di umanità, del senso e del valore della vita individuale e collettiva, della sua dimensione etica. Nella sua essenza, il comunismo è dunque una visione del mondo che si concretizza in un umanesimo sociale, l’esatta negazione dei disvalori propugnati dal fascismo in ogni sua forma, tendenti alla prevaricazione, all’usurpazione, alla gerarchizzazione delle relazioni sociali ed economiche, con un sinistro sottofondo di violenza morale e fisica. Da un punto di vista storico e fattuale, la proposta di legge avanzata da FdI è una scempiaggine che denota una crassa ignoranza e la bassezza di uno squallido calcolo politico. Sono state le forze libertarie e democratiche a sconfiggere la barbarie nazifascista. Per forze libertarie e democratiche intendiamo non soltanto la coalizione degli Alleati (tra l’altro, fu proprio l’Unione Sovietica a pagare il massimo sacrificio di vite umane nella gigantesca carneficina della Seconda guerra mondiale), ma anche le formazioni partigiane dei vari Paesi invasi dai nazifascisti, che hanno dato un contributo militare e morale fondamentale per la vittoria. Il tributo di sangue dato dai comunisti alla Resistenza italiana è stato almeno tre volte superiore a quello delle altre formazioni, ed equiparare repubblichini e partigiani è un’indegnità morale, un macroscopico errore storico, una falsificazione della memoria.
È una scempiaggine perché la Costituzione italiana – il nobile documento che sancisce la nascita della Repubblica italiana sorta dalle macerie fisiche e morali prodotte dal criminale e dissennato ventennio fascista – è venuta alla luce anche grazie all’imprescindibile apporto del Partito Comunista Italiano. È controfirmata da un comunista, Umberto Terracini, presidente dell’Assemblea costituente: uno dei padri e delle madri fondatori dell’Italia di oggi. È una scempiaggine perché si deve al segretario del PCI, Togliatti, la linea politica di solidarietà nazionale che rese possibile traghettare l’Italia dal vuoto di governo in cui l’aveva lasciata la fuga vigliacca dei reali e di quel galantuomo di Badoglio ai primi governi che avrebbero accompagnato la nascita della Repubblica.
È una scempiaggine perché si deve al comunista Togliatti la scelta di amnistiare torme di fascisti che pure si erano macchiati di reati per pacificare un Paese di nuovo sull’orlo di una guerra civile e favorire una rinascita democratica, su basi opposte a quelle fasciste. È una scempiaggine perché nella stagione dell’eversione nera, del terrorismo di stato e di qualsivoglia matrice ideologica il PCI si è posto come baluardo istituzionale e di civiltà opponendo un fermo rifiuto alle suggestive sirene delle frange più estreme che scelsero la lotta armata.
È una scempiaggine perché nessun membro del PCI è stato trovato nelle nefande liste della loggia massonica P2, l’antistato incistato nelle istituzioni, né alcun suo membro o simpatizzante è mai rimasto coinvolto nei numerosi tentativi di colpo di stato e di sovvertimento dell’ordine democratico che hanno avvelenato la storia di questo disgraziato Paese sin dagli albori della sua vita repubblicana. Non così si può dire delle altre forze politiche ed ideologiche, in particolare di quelle da cui discendono coloro che oggi propongono scempiaggini, le cui fila erano ingrossate da massoni e razzisti dediti ad atti di violenza e di terrorismo, nemici giurati della democrazia e nella libertà. E si potrebbe continuare.
In una comunità realmente civile e progredita, un articolo come questo non avrebbe ragion d’essere. Che si sia dovuto scrivere, la dice lunga sulla barbarie in cui siamo ancora immersi. Ma non c’è proposta di legge, non c’è perverso uso pubblico della storia, non c’è squallido revisionismo, non c’è falsificazione della memoria che possa uccidere il sogno umanitario di milioni di donne e uomini che hanno lottato, lottano e lotteranno contro l’ingiustizia e per la libertà.