L’ammissione di un fallimento. E l’avvio di una pericolosa stretta autoritaria. Oggi sul fronte migranti, domani chissà. Il governo securista ha dichiarato ieri lo stato d’emergenza sulla questione migranti che durerà per sei mesi. L’annuncio è arrivato per bocca del ministro per la Protezione civile e le Politiche del Mare, Nello Musumeci, al termine del Consiglio dei ministri nel corso del quale, tra le altre cose, si è deciso di optare per il provvedimento su tutto il territorio nazionale a causa dell’eccezionale incremento dei flussi di migranti attraverso le rotte del Mediterraneo. In attesa di una risposta europea, ha fatto sapere Musumeci, il governo ha deciso di stanziare 5 milioni di euro. Secondo quanto si apprende, sarà l’attuale capo del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del Viminale, il prefetto Valerio Valenti, a ricoprire il ruolo di commissario straordinario per l’emergenza migranti.
“Abbiamo aderito volentieri alla richiesta del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ben consapevoli – ha detto Musumeci – della gravità di un fenomeno che registra un aumento del 300%. Sia chiaro, non si risolve il problema, la cui soluzione è legata solo a un intervento consapevole e responsabile dell’Unione europea“. Il governo decide comunque di intervenire con un provvedimento forte, nonostante l’effettivo incremento di sbarchi rispetto agli anni precedenti, forse per lanciare un segnale proprio a Bruxelles.
L’ultima volta che l’esecutivo italiano ha deciso di dichiarare lo stato d’emergenza sui migranti risale infatti al 2011, quando presidente del Consiglio era Silvio Berlusconi e al Viminale sedeva Roberto Maroni. In quel caso, a spingere il Cdm a dare il via libera alla misura fu l’ondata di sbarchi provocata dalle cosiddette Primavere arabe. Un provvedimento del genere, comunque, non è stato più preso nemmeno tra il 2014 e il 2016, quando l’incancrenirsi dei conflitti mediorientali, il crollo dello Stato libico e l’apertura della cosiddetta Rotta balcanica hanno fatto esplodere il numero di persone che da Nord Africa, Medio Oriente e Asia Centrale cercavano rifugio, via terra o via mare, in Europa.
Si tratta di una misura amministrativa, fondamentalmente per svuotare gli hotspot, che però ha inevitabili risvolti politici: «Abbiamo deciso lo stato di emergenza sull’immigrazione per dare risposte più efficaci e tempestive alla gestione dei flussi», ha dichiarato Giorgia Meloni con una nota al termine del Consiglio dei ministri.
«Il forte incremento dei flussi migratori registrato nell’anno in corso», si legge in una nota del Consiglio dei ministri, «sta determinando situazioni di gravissimo sovraffollamento dei centri di prima accoglienza e, in particolare, dell’hotspot di Lampedusa». Il commissario delegato, che salvo sorprese sarà il prefetto Valerio Valenti, ex prefetto di Firenze, già capo del dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno, ha il compito di reperire posti letto aggiuntivi con procedure rapide e semplificate perché potrà derogare alle norme degli appalti delle prefetture. Senza procedure d’emergenza, anche i semplici noleggi di charter e navi devono essere sottoposti a gare europee, procedure che per sei mesi potranno essere più rapide. Il commissario lavorerà a stretto contatto con il personale e le risorse della Protezione civile e della Croce rossa. Con il potere assegnatogli dalle ordinanze, potrà affittare navi e pullman per trasferire in altre città gli sbarcati a Lampedusa, comprare o affittare immobili per aprire nuove strutture, allargare la capienza dei dieci Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) che sono presenti in nove regioni. L’intenzione, caldeggiata soprattutto da Salvini, è quella di averne uno in ogni regione per incrementare al massimo i flussi del rimpatrio.
Con l’ingresso nello stato d’emergenza, poi, si attua una via preferenziale anche per l’accesso al fondo di emergenza nazionale della presidenza del Consiglio, che però va rifinanziato.
E all’interno di questa nuova cornice giuridica rientrano anche gli emendamenti al decreto Cutro, su cui Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno trovato l’accordo politico e che saranno depositati in Parlamento. La protezione speciale, la terza forma di tutela per i profughi dopo l’asilo e la protezione sussidiaria per chi fugge dalle guerre, verrà compressa per diminuire il numero delle persone che ne hanno diritto. Decadrà per chi rientra anche solo temporaneamente in patria, e la verifica per il rinnovo passa dagli attuali quattro a due anni.
I tempi di permanenza all’interno dei Cpt dovrebbero subire variazioni. Il pacchetto di emendamenti punta ad accelerare i tempi sull’eventuale riconoscimento della protezione internazionale e i provvedimenti di accompagnamento alla frontiera, anche attraverso incentivi rivolti ai Paesi di provenienza a riprendersi i propri cittadini. Infine si introduce nell’ordinamento il collegamento da remoto all’udienza di convalida per l’accompagnamento alla frontiera o il trattenimento nei Cpt.
Lo stato d’emergenza nazionale è regolato dall’articolo 24 del Codice della Protezione civile sulla base di alcuni requisiti definiti nell’articolo 7: “Emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo”. Con la dichiarazione dello stato d’emergenza può essere nominato un commissario cui spetta il compito di realizzare gli interventi previsti dalla dichiarazione: il superamento dell’emergenza, la riduzione del rischio residuo, il ripristino dei servizi essenziali e l’assistenza alla popolazione. In questo caso si delinea quindi un nuovo assetto temporaneo di poteri, con deliberazioni non soggette al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti. La delibera stabilisce inoltre uno stanziamento di risorse finanziarie da destinare agli interventi urgenti e da attingere nel Fondo per le emergenze nazionali, che può essere progressivamente incrementato nel corso della durata dello stato di emergenza. Il provvedimento può avere anche un rilievo solo locale o regionale. Quando è di tipo nazionale non supera i dodici mesi ed è prorogabile per altri dodici mesi al massimo: oltre questi tempi va varata una legge attraverso un passaggio parlamentare.
“La dichiarazione di stato d’emergenza per fare fronteall’accoglienza di naufraghi e migranti che giungono in Italia consentirà l’individuazione distrutture da adibire a centri accoglienza ed enti che li gestiranno in deroga alle normeordinarie. Avremo cioè, probabilmente, degli standard di accoglienza più bassi di quelliminimi previsti, con ‘strutture parcheggio’ e affidamenti fatti senza evidenza pubblica,con tutti i rischi che ne conseguono”. Così il segretario di Più Europa Riccardo Magi. “Diemergenziale c’è, prima di tutto, la disorganizzazione di questi anni in cui abbiamo vistola mancanza di un piano nazionale di accoglienza e la diminuzione dei posti, con gareandate deserte perché non è riconosciuta la remunerazione minima adeguata ai servizirichiesti. Il ministro Piantedosi e il governo, che conoscono perfettamente questa realtà -sottolinea Magi – stanno lavorando per una pianificazione che superi queste criticità unavolta superata l’emergenza di queste settimane o lasceranno che gli standarddell’emergenza diventino l’ordinaria amministrazione? E infine – conclude il segretario diPiù Europa- cosa ne è delle modifiche alla legge Bossi-Fini che fino a due settimane fasembra una priorità per l’esecutivo?”.
“Credo che la dichiarazione dello stato di emergenza da una parte possa essere utile per accelerare azioni di trasferimento di persone che in maggiore misura in questo anno, tre volte tanto, stanno raggiungendo soprattutto le coste di Lampedusa. Non deve però questo stato di emergenza far dimenticare un fatto: il sistema di accoglienza in Italia ha bisogno di essere rafforzato; e al tempo stesso non bisogna dare la percezione che i migranti, i rifugiati che stanno arrivando sono un problema emergenziale, nel senso che non possiamo approfondirlo e affrontarlo all’interno di un contesto magari più ampio e più attento. Non dimenticando poi che l’emergenza costa molto di più rispetto al normale affrontare l’accoglienza”. Lo ha affermato a Radio Vaticana, monsignor Giancarlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes (Organismo pastorale della Conferenza episcopale italiana), durante la trasmissione Il Mondo alla Radio.
“Quindi da questa parte credo che in questo momento debba essere valutata con molta attenzione se occorrono degli strumenti straordinari, o se non si debbano da una parte mettere in atto una serie di azioni ulteriori rispetto a quelle già in atto per lo sgombero di Lampedusa – ha aggiunto Perego – E al tempo stesso, che è l’aspetto veramente più importante e necessario, rafforzare e ampliare il piano di accoglienza nelle diverse regioni italiane”
Battaglia al Senato
Sul piede di guerra le opposizioni, schierate al Senato con un centinaio di emendamenti e protagoniste di una protesta, giorni fa, contro una riformulazione del governo introdotta per garantire i rimpatri dei migranti arrivati illegalmente, in cambio di maggiori quote del decreto flussi con i Paesi interessati. A primo acchito gli emendamenti del governo sembrerebbero contrastare con quelli già proposti dalla Lega (21 in tutto e che l’ex Carroccio non intende ritirare). In realtà il grosso delle modifiche targate Lega non verranno toccate – assicurano più fonti – ma saranno limate dal punto di vista tecnico-formale e messe in ordine. Ad esempio resteranno le limitazioni per ottenere la protezione speciale ma probabilmente, in alcuni casi, saranno più rigide rispetto a oggi. Potrebbe saltare, invece, la proposta della Lega di creare una struttura di missione, chiamata proprio ‘Struttura’ e attiva al ministero dell’Interno “con compiti consultivi e di indirizzo” per l’integrazione dei migranti. Il rischio – si ragiona in ambienti di maggioranza – è che sia ridondante rispetto a quel che
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