Secondo Marco Meloni, senatore del Pd, l’addio di Enrico Borghi ai democratici sarebbe un caso isolato e personale. In un’intervista a La Repubblica, dopo aver duramente condannato nelle scorse ore la decisione dell’ex collega, Meloni ha parlato della situazione interna al Pd.
«Mi sembra un gesto isolato, frutto di una decisione grave e immotivata. Borghi descrive il Pd come la caricatura che di noi fa la peggiore propaganda di destra. In più, lasciare il partito nel quale si è stati eletti per traslocare in una micro-forza personale è una mancanza di rispetto per chi lo ha votato. Con Schlein si è avviata una mutazione genetica del Pd, da riformista a massimalista di sinistra? E’ un’affermazione falsa, non supportata dai fatti».
Le prime scelte di questa segreteria, «penso alla posizione sull’Ucraina, sul termovalorizzatore, su lavoro e salari, sono in linea con quella precedente guidata da Letta, di cui io ero coordinatore e Borghi faceva parte» aggiunge. Rispetto a Letta «è evidente che ci sono elementi di novità, un’impostazione più radicale, maggiore apertura a soggetti che vengono da fuori il Pd. Faccio tuttavia notare che alcune delle proposte che oggi sembrano scandalizzare, come il matrimonio egualitario, erano già nel nostro programma per le Politiche. E altre, ripeto, vanno in continuità».
Meloni sospetta che su Schlein «pesi un pregiudizio». Anche Meloni è un cattolico democratico e «i cattolici di sinistra sono assai presenti, in posizione chiave, al vertice del partito e dei gruppi parlamentari». I fatti dicono «che finora il Pd si è opposto alla destra che vuole cancellare le trascrizioni e togliere diritti alle bambine e ai bambini. Per me è giusto mantenere il divieto di maternità surrogata, ma, lo ha detto la stessa segretaria, su tutti i temi più controversi si discuterà in modo approfondito. È evidente che si dovrà tener conto che il popolo delle primarie ha premiato una mozione scandita da punti chiarissimi sui diritti civili e sociali».
Il compromesso «è il modo in cui deve agire un partito così grande che ha nel pluralismo interno il suo codice di comportamento – sottolinea -. Mi pare che sia Schlein, sia Bonaccini siano partiti bene, dimostrando che noi sappiamo stare insieme».