Anche Calenda, come Renzi, ha confermato il proprio supporto a Giorgia Meloni sulle riforme istituzionali. In un intervista al Corriere della Sera, il leader di Azione ha ribadito che l’incontro con Meloni «è stato utile per far capire al governo la nostra posizione sulle riforme» ma «no al presidenzialismo. Sul presidente della Repubblica abbiamo segnato una linea rossa che non si può varcare».
«Iv esprime una posizione univoca sul sindaco d’Italia» che per Azione «è un modello possibile e auspicabile ma non è l’unico per dare stabilità e forza all’esecutivo».
«Il pro del modello del sindaco è l’investitura popolare, il contro è che in Gran Bretagna, ad esempio, avremmo ancora Boris Johnson e in Italia non ci sarebbe stata la sostituzione Conte-Draghi. Per noi l’importante è che ci sia un’indicazione del candidato premier e che quello poi sia incaricato di formare il governo. Successivamente va alle Camere per la fiducia e si fa la sua squadra, nomina i ministri e può revocarli». Calenda dice no al semipresidenzialismo: «Siamo un Paese di guelfi e ghibellini dove l’unica istituzione in cui ci siamo riconosciuti tutti nel tempo è il presidente della Repubblica».
Rispetto alla proposta di Azione del superamento del bicameralismo «la premier non ha chiarito se vuole toccarlo. Per noi è importante per imprimere una maggiore efficienza al Parlamento». Calenda insiste poi su «un tagliando profondo al federalismo. Se noi lavoriamo per rafforzare i poteri del premier ma poi l’azione è delegata ai governi regionali è inutile».
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