Fausto Bertinotti, ex segretario di Rifondazione Comunista, in un’intervista al Corriere della Sera ha fatto il quadro della situazione del centrosinistra, concentrandosi soprattutto sul nuovo Pd di Elly Schlein. E i toni non sono entusiastici.
«La sinistra non c’è più. È scomparsa, senza anima e senza corpo. O meglio, esiste una sinistra sociale diffusa, priva di rappresentanza istituzionale e politica. Vota la metà del Paese e la sinistra non ne fa il centro della sua azione, si perde in balletti su alleanze, simboli, flebili vagiti. Non coglie che, pur avendo vinto nettamente, la destra non è maggioranza nel Paese».
«Anche Schlein è espressione di quella cultura che in America si rispecchia nei liberal. Non esce dal recinto. C’è la guerra, il dramma delle disuguaglianze, l’emergenza ecologica. Ripeto: ci sono liberal e riformisti, la sinistra non c’è».
«Quella con Prodi fu una rottura drammatica. Fu in quegli anni che si decise la rotta dell’Europa. C’era da scegliere tra Maastricht e una svolta sociale e solidale. Vinse la globalizzazione, sulle ali di un centrosinistra che governava gran parte del continente. La sinistra diventò liberale e non più socialista. Fu il segno di una conversione, di una mutazione genetica».
Un giudizio su Meloni? «L’ho definita afascista. Il suo è il primo governo di destra della Repubblica, in altri casi era subalterna. Si propone un’operazione ideologica ambiziosa: cambiare la cultura, abbattere l’antifascismo come religione civile del Paese. Una grande offensiva ideologica e regressiva a cui si aggiungono uno schema liberale e scelte di governo corporative».
E l’Ucraina? Con Biden o con Putin? «Non scelgo l’albero a cui impiccarmi. Putin ha scatenato la guerra, Biden gli ha tenuto bordone. La guerra non andava fatta e ora va fermata, l’unico modo è la trattativa. E l’Europa sta tradendo la sua vocazione pacifista», conclude.
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