Tranquilli. La grande maggioranza di quelli che arrivano da noi, migranti, ci considerano un paese di transito. Ben altre sono le loro mete in Europa.
Boom di domande
Ne scrive Tommaso Coluzzi su fanpage: “Le domande d’asilo registrate nei Paesi europei continuano ad aumentare, tanto da avvicinarsi ai livelli dello scoppio della guerra in Siria. Secondo i dati dell’Agenzia dell’Ue per l’asilo – l’Euaa – nei primi sei mesi del 2023, le richieste arrivate nei Paesi dell’Unione e in Norvegia e Svizzera sono aumentate del 28% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un dato in netta crescita rispetto al passato recente e agli ultimi anni di calo dopo le crisi in Medio Oriente. Tra gennaio e giugno sono state presentate 519mila domande d’asilo nei ventinove Paesi (i ventisette più i due extra-Ue considerati nello studio dell’Euaa). Sulla base di questi dati, la proiezione verso la fine dell’anno non è complessa da immaginare: “Con le tendenze attuali le domande potrebbero superare il milione entro la fine dell’anno”.
La maggioranza di coloro che chiedono asilo in Europa sono siriani, afghani, venezuelani, turchi e colombiani. Parliamo di un gruppo di nazionalità da cui arriva il 44% delle domande, praticamente la metà del totale. Di tutti i rifugiati, invece, 4 milioni sono ucraini. Tornando al dato generale, invece, risulta che sia il più alto numero di richieste dal 2015-2016. Parliamo di anni fortemente condizionati dal conflitto in Siria, che ha fatto aumentare il flusso di rifugiati in Europa. All’epoca le domande furono 1,3 milioni nel 2015 e 1,2 milioni l’anno successivo. Nel 2022, invece, sono state poco meno di un milione: circa 995mila.
Secondo l’Euaa, la Germania è il Paese che ha ricevuto il maggior numero di domande d’asilo, il 30% del totale. In pratica una persona su tre che chiede lo status di rifugiato in Europa, fa domanda a Berlino. Segue la Spagna con il 17% e la Francia con il 16%. A riprova del fatto che anche gli altri Paesi europei subiscono la pressione dei flussi migratori, non solo l’Italia.
L’agenzia, nel suo report, dice che a causa di questo aumento molti Paesi europei “sono sotto pressione nel trattare le domande” e che il numero di fascicoli in attesa di decisione è aumentato del 34% rispetto al 2022. Insomma, più richieste e tempi più lunghi. Inoltre il 41% delle domande di prima istanza ha ricevuto una risposta positiva”.
Italia, addio. Se possibile
Ne dà conto, per EuropaToday, Dario Pretigiacomo: “Il numero di migranti che chiedono asilo nell’Unione europea continua ad aumentare: nel 2022, al netto dei rifugiati ucraini, sono state 1 milione le richieste registrate dai 27 Paesi Ue. A cui aggiungere le circa 520mila domande arrivate nei primi sei mesi del 2023, in crescita del 28% rispetto allo stesso periodo dell’anno passato. Sono i dati dell’ultimo rapporto dell’Euua, l’agenzia europea per l’asilo. Dati che disegnano uno scenario di crisi che potrebbe essere peggiore di quella vissuta nel 2015-2016. E che indicano come l’Italia non sia il Paese del blocco con il più alto numero di richiedenti asilo.
Secondo i dati del 2022, infatti, l’Italia ha processato 84mila domande, un terzo di quelle arrivate agli uffici per l’asilo in Germania (244mila). Berlino resta di gran lunga il Paese europeo con la maggiore quota in assoluto di richiedenti. Al secondo posto, c’è la Francia con 156mila, seguita da Spagna (118mila) e Austria). L’Italia si piazza al quinto posto, in termini assoluti. Ma scivola molto più indietro se si confrontano richieste di asilo e popolazione. Da noi, l’anno scorso ci sono state 1,4 domande ogni mille abitanti, percentuale più bassa tra i grandi Stati Ue. In termini relativi, veniamo scavalcati da Paesi più piccoli: in Grecia il rapporto è di 3,7 richieste di asilo ogni mille abitanti, in Belgio del 3,6, in Bulgaria del 2,8, in Austria addirittura del 12.
Le cose non sembrano essere cambiate anche nei primi sei mesi del 2023: è vero che l’Italia ha già circa 62mila domande d’asilo, ma l’aumento delle richieste riguarda quasi tutti i Paesi Ue, e Germania, Francia e Spagna hanno numeri ben più alti.
L’Italia, inoltre, è tra le grandi economie dell’Ue quella che si è attivata meno nel 2022 per ricollocare nel suo territorio rifugiati dalle zone di guerra nel mondo: sempre escludendo gli ucraini, l’anno scorso abbiamo portato nel nostro Paese appena 80 persone attraverso i cosiddetti canali sicuri. La Svezia ne ha ricollocati circa 5mila, la Germania 4.775, la Francia 3.200, l’Olanda 1.405, la Spagna 1.110, la Finlandia 1.090.
Il rapporto dell’Euua segnala poi un aumento dei cosiddetti movimenti secondari, ossia dei passaggi di richiedenti asilo dal Paese di arrivo (dove in base al regolamento di Dublino dovrebbero restare in attesa dell’esito della procedura) a un altro Paese Ue. Il fenomeno ci riguarda da vicino, dato che i governi del Nord Europa hanno più volte accusato l’Italia di favorire la “fuga” di migranti dalle sue strutture per raggiungere la Germania o la Francia: nel 2022, da noi ci sono state circa 10mila domande implicitamente ritirate da richiedenti asilo. Un ritiro implicito, spiega l’agenzia europea, “può indicare movimenti secondari non autorizzati verso un altro Paese”, e per questo viene usato come indicatore per capire l’entità di queste fughe.
Ecco perché l’Italia è anche il Paese europeo che ha ricevuto il maggior numero di richieste da parte di altri Stati membri affinché si riprenda i migranti “sfuggiti”: nel 2022, ci sono state inoltrate oltre 30mila domande di questo tipo. Dall’altro lato della barricata, la Germania e la Francia sono i Paesi Ue che hanno inviato più richieste in uscita: quasi 70mila la Germania, circa 45mila la Francia. Richieste per lo più rimaste senza risposta: l’Euua segnala che i trasferimenti di dublinati nel 2022 sono stati appena 16mila, su 166mila richieste complessive”.
Frontex report
Gli «sviluppi sul campo» in una serie di Paesi di origine e di transito, guidati da «fattori macroeconomici globali» (soprattutto inflazione persistente e recessione globale), avranno «un impatto negativo» sulle condizioni socioeconomiche di ampie popolazioni e faranno presagire un aumento dei flussi migratori verso l’Europa. Per il 2023/2024 «è probabile» che le rotte del Mediterraneo orientale e del Mediterraneo centrale «vedranno una maggiore attività migratoria e una proporzione più elevata dei flussi migratori complessivi verso le frontiere esterne dell’Ue».
Lo si legge nell’analisi sui rischi per l’anno che verrà di Frontex. «Parte di questo fenomeno – prosegue il rapporto – sarà probabilmente l’uso crescente dei corridoi dalla Turchia, dal Libano e dalla Siria verso il Mediterraneo centrale, che segnerà un’ulteriore sfumatura tra le rotte del Mediterraneo orientale e centrale: questo fenomeno sarà esacerbato dall’aumento dei collegamenti aerei tra le due aree geografiche, che hanno già portato alla registrazione di migranti, come i siriani, tradizionalmente presenti solo nel Mediterraneo orientale, sulle rotte provenienti dalla Libia».
«Ai flussi verso nord dalla Libia e dalla Tunisia si aggiungerà un numero crescente di migranti nordafricani e da vari Paesi subsahariani, i cui Paesi devono affrontare previsioni economiche, di sicurezza, di diritti umani e climatiche preoccupanti per il 2023/2024. I fattori – si legge ancora – che mitigano i flussi di migranti irregolari sono una maggiore cooperazione attraverso il Mediterraneo e un rinnovato impegno bilaterale e multilaterale per consentire alle autorità dei Paesi terzi di prevenire il traffico di migranti sul loro territorio».
Sul fronte migranti per il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi “la soluzione è cercare di bloccare il più possibile le partenze, assoggettare quelli che arrivano alle norme europee e nazionali e quindi implementare il sistema delle espulsioni e dei rimpatri”.
Il ministro e la regista.
Intervenendo a “Stasera Italia” su Rete4 il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha spiegato che quello dell’immigrazione “è un fenomeno da affrontare con concretezza sapendo che non basta immettere nuovi cittadini per motivi economici ma dobbiamo anche pensare alla sostenibilità. Anche qui il tema è far rispettare la legge. Chi ha diritto rimane, chi non ha diritto no”.
Il securista non cambia mai.
Da un servizio Ansa: “Di un altro mondo, un mondo solidale, si parla a Venezia. “L’Europa ha paura di sfidare la crisi dei migranti, i mezzi che adotta non sono efficaci e tutti sanno che non risolveranno il problema.
“Immagino che il Vecchio Continente, alla fine, diventerà una fortezza e la gente verrà uccisa da noi europei”. Questa solo una delle molte dichiarazioni forti di Agnieszka Holland, regista di The Green Border, che porta in concorso a Venezia questo film girato in clandestinità e diviso in capitoli in cui racconta, di volta in volta, la storia di una famiglia di rifugiati siriani, sfuggiti all’Isis, di un insegnante di lingua inglese dall’Afghanistan, di una giovane guardia di frontiera e di un gruppo di volontari che cerca di aiutare rischiando ogni giorno in prima persona. Il confine verde di cui si parla è quello polacco-bielorusso.
In questa terra di nessuno i migranti vengono sfruttati, percossi, abbandonati e soprattutto rimbalzati da una parte all’altra senza trovare mai un approdo. E, va detto, la polizia di frontiera polacca è quella che ne esce peggio. “A distanza di trent’anni da Europa Europa il Vecchio Continente è più diviso che mai – dice la regista polacca oggi al Lido -. L’esperienza della seconda guerra mondiale, l’olocausto, il pericolo del totalitarismo è stato messo a dormire, è scomparso, evacuato, ma non è affatto sparito il pericolo di tutte queste cose che possono tornare in qualsiasi momento. Insomma la vaccinazione dell’olocausto è sparita, ma può tornare in qualsiasi momento”.
“In un mondo polarizzato – sottolinea ancora Holland – anche i media lo sono. Tra quelli polacchi ci sono quelli che raccontano le cose in modo onesto, ma poi da quando il governo ha chiuso le zone intorno alla frontiera non è stato più possibile documentare nulla di quello che accade lì. Il governo ha fatto capire che, dal momento accadono lì cose terribili, non c’è la voglia di mostrarne immagini. Nessuno, però, ha protestato e i media hanno accettato di non andare più lì in quella zona incubo. D’altronde già il Covid ha insegnato alla gente a sottomettersi al potere, ad avere una libertà limitata”. E ancora sulla crisi europea, dice la regista di Attori di provincia e Poeti all’inferno: “La nuova Europa ha paura, sta perdendo le convinzioni politiche e i populisti come anche lo stesso Putin hanno capito questi punti deboli e cavalcano questa paura”.
A fine conferenza la regista, dopo aver letto una nota a favore delle vittime della migrazione nel silenzio colpevole di tutti – dal 2014 sono 60.000 – ha chiesto un minuto di silenzio ai giornalisti”.
A quel minuto ci associamo. Come ad ogni parola di una grande regista.
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