Caporetto migranti: Giorgia Meloni che si appella all'Onu fa quasi compassione
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Caporetto migranti: Giorgia Meloni che si appella all'Onu fa quasi compassione

Dopo averle sbagliate tutte, ma proprio tutte, deve aver pensato che l’unica speranza per salvare la faccia è di alzare il livello delle fantasticherie, ultimo passo prima di rivolgersi direttamente a Dio.

Caporetto migranti: Giorgia Meloni che si appella all'Onu fa quasi compassione
Giorgia Meloni
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Claudio Visani Modifica articolo

21 Settembre 2023 - 12.21


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Fa quasi compassione la Meloni che si appella all’Onu affinché sostenga la “sua” caccia sul globo terracqueo ai trafficanti di migranti. Dopo averle sbagliate tutte, ma proprio tutte, deve aver pensato che l’unica speranza per salvare la faccia è di alzare il livello delle fantasticherie, ultimo passo prima di rivolgersi direttamente a Dio.

Dite che esagero? Breve riepilogo. Sbarchi a quota 130mila, il doppio rispetto al 2022. Oltre duemila morti annegati. La guerra alle navi Ong un tragico boomerang. Porti chiusi e blocco navale, sì, buonanotte.  L’accordo con dittatore tunisino Saied per fermare le partenze spernacchiato da tutti. Quello annunciato a Lampedusa con la “baronessa” di Bruxelles, demolito dal “fuoco amico” polacco, ungherese e di Salvini. Redistribuzione dei migranti in Europa ferma a cifre da prefisso telefonico. Francia e Austria che chiudono le frontiere. Il piano per realizzare un Centro per i rimpatri (Cpr) in ogni regione respinto perfino dal più popolare dei governatori della destra al governo. I sindaci infuriati contro gli invii senza preavviso di altre centinaia di disperati da accogliere senza che ci siano più le risorse e un piano per l’accoglienza diffusa. Le loro comunità, da Lampedusa in su, mobilitate contro l’ipotesi delle tendopoli. Più Caporetto di così!

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L’impressione è che sull’immigrazione la Presidente del Consiglio si stia giocando molta della sua credibilità. Che l’approccio repressivo e identitario (la destra legge e ordine) non porti da nessuna parte. E che alzare la posta buttando la palla all’Europa e alle Nazioni Unite non giovi nemmeno alla tenuta della maggioranza di governo. Trovo significativo che Gianfranco Fini trovi “superata” la legge che porta il nome suo e di Umberto Bossi. Che Piantedosi si smarchi dal suo mentore e predecessore come ministro della paura (“basta propaganda sui migranti, non c’è alcun complotto contro l’Italia”). 

E ancor di più mi pare importante la presa di posizione di Luca Zaia, che oggi dice al Corsera: “I Cpr non risolveranno il problema. I dati degli ultimi anni ci dicono che soltanto l’8% avrà lo status di rifugiato. Se quest’anno gli arrivi saranno 200 mila, solo 16 mila persone avranno il riconoscimento. Arrotondiamo pure i numeri, arriviamo con i diversi istituti di protezione al 30%, il restante 70% dovrebbe avere come unica destinazione il rimpatrio. Significa che alla fine dell’anno avremo 140 mila persone da rimpatriare. Lei sa quanti sono stati negli ultimi anni i rimpatri forzati? Quest’anno 2.270, lo scorso anno 3.200. La verità è che non siamo in grado di fare rimpatri significativi. È un’utopia. È come cercare di svuotare il mare con un secchio”. Poi aggiunge: “Se non si vuole essere il solito ufficio complicazione affari semplici, avrebbe più senso cercare di soddisfare (con i migranti economici) il bisogno di manodopera che c’è, nel rispetto dell’occupazione dei residenti”. 

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Che poi è quello che stanno facendo in Germania. Dai respingimenti e dalla repressione all’integrazione. Qualcuno che ragiona ancora c’è, anche nella Lega. 

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