La Fondazione Gimbe esprime un giudizio negativo sulla revisione della Missione Salute del Pnrr richiesta dal Governo e approvata nei giorni scorsi dalla Commissione Europea, pur condividendo alcuni provvedimenti come l’ulteriore potenziamento dell’assistenza domiciliare e della telemedicina. Il taglio dei posti di terapia intensiva è invece “incomprensibile” perché si rischia di “lasciare indietro le Regioni meridionali”.
La nuova versione, ricorda Gimbe, taglia, rispetto alla formulazione originaria, 479 strutture territoriali così divise: 312 case di comunità, 120 centrali operative territoriali, 47 ospedali di comunità. Si rinuncia inoltre a 25 interventi di anti-sismica. Un intervento “inevitabile” per “l’aumento dei costi di realizzazione di opere preventivate in era pre-pandemica e antecedenti alla crisi energetica”, dichiara in una nota il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta.
“Tuttavia, se ad essere espunte saranno le strutture da realizzare ex novo, saranno prevalentemente le Regioni del Centro-Sud a essere penalizzate”. Bene invece l’incremento del target del numero di over-65 da prendere in carico in assistenza domiciliare (che passa da almeno 800 mila a 842 mila) e del numero di pazienti assistiti in telemedicina (da almeno 200 mila a 300 mila).
La sua “implementazione è tuttavia condizionata dall’inserimento delle varie prestazioni nei livelli essenziali di assistenza”, precisa Cartabellotta. È invece “poco comprensibile” “la rimodulazione al ribasso del numero di posti letto in terapia intensiva e sub-intensiva di ben 1.803 unità (ovvero 1 su 4)”, prosegue il presidente Gimbe.
“Non era prevista nella proposta di rimodulazione del 27 luglio 2023; riguarda un progetto già finanziato con i fondi del decreto rilancio; infine, il potenziamento di queste strutture rappresenta una misura chiave del nuovo piano pandemico”, conclude Cartabellotta.
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