Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia del governo Meloni, rinviato a giudizio per rivelazione d’ufficio sul caso di Alfredo Cospito, non è disposto a dimettersi neanche dopo la conferma che andrà a processo. «Assolutamente no», ha confessato in un’intervista al «Corriere della Sera», confermando lo scarso spirito istituzionale della destra.
«Intendo continuare ad esercitare il mio ruolo, al meglio, all’interno del ministero della Giustizia. Così come mi è stato chiesto dai tanti che in questo momento mi stanno testimoniando solidarietà per questo inconsueto rinvio a giudizio. Anche questa seconda volta il pubblico ministero Paolo Ielo e altri tre pm hanno ribadito la richiesta di archiviazione della procura nei miei confronti.
Quindi sarò uno dei pochi sotto il profilo giuridico che in dibattimento sarà dalla stessa parte della barricata del pm. Ai posteri l’ardua sentenza. Da cattolico non dispero mai. Ci sarà prima o poi un giudice a Berlino che riconoscerà che non c’è segreto e quindi non c’è reato».
II verde Angelo Bonelli, che l’ha denunciato, sostiene che gli sono stati negati gli accessi agli atti. Il ministro sostiene non sia vero: «Bonelli ha sbagliato. Ha fatto un accesso generalizzato agli atti. Gli è stata riqualificata la richiesta come sindacato ispettivo. E ha avuto quello che chiedeva perché sono atti ostensibili».
Il ministro Carlo Nordio, ha difeso Delmastro in Parlamento e ora, per questo, viene attaccato dalle opposizioni: «Il ministro avrà diritto ad esporre le sue ragioni e la sua lettura dei fatti e del diritto? O adesso c’è anche il reato di pensiero e il reato di argomentazione giuridica? Attendo risposte dai preclari giuristi di sinistra».
Non si aspettava questo rinvio a giudizio: «No. Ma resto orgoglioso di quello che ho fatto. Non ho passato alcuna carta. Ho risposto alla domanda di Donzelli, cosa che è mio dovere fare e faccio con qualsiasi parlamentare. Sono orgoglioso di aver fronteggiato l’attacco frontale al 4.1 bis di terroristi e anarchici in combutta con la criminalità organizzata e della mafia».
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