In Cile è stata bocciata per la seconda volta nel giro di un anno la riforma costituzionale che avrebbe dovuto cancellare la Carta scritta sotto la dittatura di Pinochet. Ma se la prima riforma bocciata aveva raccolto le idee progressiste e profondamente riformatrici per il Paese sudamericano, stavolta la proposta arrivava dalla destra che è tornata a far sentire il suo peso a Santiago.
La revisione della Costituzione dell’era Pinochet (1973-1990), ritenuta un freno alle riforme sociali, era stata avviata dopo le proteste di piazza del 2019 contro le disuguaglianze.
Secondo i risultati ufficiali diffusi dal Servizio elettorale con lo spoglio delle schede al 99%, il 55,75% degli elettori ha votato “no”, mentre il 44,25% che si è espresso a favore del nuovo testo.
Erano oltre 15 milioni gli elettori chiamati a esprimersi sulla nuova legge fondamentale, più conservatrice rispetto al testo bocciato nel settembre 2022. Il presidente cileno, Gabriel Boric, ha escluso che si torni alle urne per una terza consultazione, sottolineando che il paese ha altre priorità.
“Il nostro Paese andrà avanti con l’attuale Costituzione, perché dopo due proposte costituzionali sottoposte a referendum nessuna è riuscita a rappresentare o a unire il Cile nella sua bella diversità”.