E’ stata deludente e priva di prospettiva la stanca conferenza stampa della presidente nonostante la grande attesa, giustificata anche dalla malattia che l’ha colpita causando per la prima volta il rinvio al nuovo anno dell’incontro con i giornalisti storicamente svoltosi sempre entro l’anno in corso.
Ma a difesa del suo fortunatamente breve stato di salute, la Meloni ha tardato di oltre 1 ora sull’orario d’inizio, facendosi precedere – altra singolare novità – da una giovane fanciulla dell’ufficio stampa di Palazzo Chigi, la quale, armata di un buon microfono ha intrattenuto i cronisti e il pubblico televisivo snocciolando, non sempre in modo sciolto e chiaro, i temi che la Meloni avrebbe affrontato con riferimento ai problemi principali del Paese compresi quelli di politica estera e, ovviamente, europei.
Quest’ultima questione non semplice per il Governo, dopo i pasticci combinati già a Bruxelles con la scelta del Ministro dell’Economia che aveva votato in modo diverso da quella che è risultata poi la scelta definitiva del Governo nel suo insieme, con la novità non secondaria dello stesso Giorgetti che ha mutato l’orientamento espresso in precedenza. Del resto il travaglio e la differenza di posizioni è clamorosamente emersa nel salvataggio compiuto, su spinta soprattutto degli eredi di Berlusconi, che hanno costretto Salvini – giustamente severo e critico sul Superbonus – a convenire con una discutibile mediazione alla prosecuzione, sia pur parziale, del disastroso mantenimento anche se attenuato ma sempre molto oneroso, del Superbonus.
Una misura denunciata poi sostanzialmente in ogni dichiarazione come grande piaga per lo stato delle pubbliche finanze anche in futuro. Ma anche su questo delicatissimo problema, che si aggiunge alle difficili condizioni dei futuri bilanci, la nostra presidente così gaia e brillante, specie quando scende dall’aereo di ritorno da una delle sue infinite trasvolate tra Bruxelles e tutti gli altri innumerevoli paesi specie di Africa e Medio Oriente, non ha aggiunto nulla di nuovo a proposito del citatissimo Piano Mattei, di cui nulla si conosce quanto a finanziamenti e concrete possibilità di realizzazione.
Specchietto per le allodole quindi, utile solo a far sorridere giuliva la nostra presidente e a dare l’impressione che ci fosse realmente una possibilità di una grande iniziativa nei confronti dell’Africa e di tutti i paesi del Mediterraneo. Il povero Mattei si rivolterà nella tomba, anche perché si tratta di un grande italiano, tra i leader della Resistenza e della lotta partigiana, assassinato misteriosamente dalle famose “grandi sorelle” USA, per mezzo di sicari che hanno fatto saltare in aria l’aereo sul quale ritornava dalla Sicilia.
Purtroppo, anche questa grave strumentalizzazione di un grande personaggio, sicuramente democratico e antifascista, è sconcertante. Né significative novità sono emerse sul grande tema della questione femminile, né sul nodo del salario minimo e dei rapporti in generale con il sindacato e neppure nei confronti dei grandi problemi della condizione delle famiglie italiane, della scuola, e più in generale dei giovani, della criminalità e della corruzione, sempre affrontata a parole ma subita inesorabilmente nei fatti, compreso il recente scandalo delle frequentazioni del Ministro Salvini con la famiglia fiorentina Verdini e gli incontri dello stesso con operatori di importanti imprese con appalti ANAS.
Certo non sarà Salvini a procurare un nuovo Papeete ma la sua prepotenza è risultata evidente e vincente sullo sforzo del ponte dello Stretto di Messina, specie per quanto riguarda la condizione del disavanzo, pure nei prossimi anni.
Che mi riporta, tra l’altro, agli anni della mia giovinezza quando, non solo alle Eolie ma nei laghi di Ganzirri davamo la caccia alle anguille e alle murene e di fronte alla splendida spiaggia di Scilla, sul fronte calabro dello stretto, pescavamo saraghi e murene viscide e furbe che non era facile catturare.
Purtroppo, l’eloquenza della presidente mi ricordava un’immagine di questo tipo senza che fosse possibile ricavare un chiaro costrutto e un orientamento certo e sicuro per gli anni a venire. Praticamente assenti i riferimenti di politica estera, in presenza delle due sempre più gravi crisi in Europa e nel Medio Oriente, dove il rischio di ampliamento del già gravissimo conflitto rischia di diventare insuperabile, con l’aggiunta del fronte iraniano colpito da missili non targati e riconducibili e a un vecchio attore di quelle aree, l’ISIS, finanziato e sostenuto a danno dei paesi arabi moderati e comunque contro tutto l’Occidente.
Impossibile infine non sottolineare l’assenza assoluta di un cenno sul drammatico problema della casa e sulla singolare iniziativa di trasferire in Albania i 3000 migranti senza, tra l’altro, indicare il come e il quando, mentre la Corte costituzionale di Tirana ha intanto sospesa la soluzione prescelta a suon di grancassa dalla Meloni e da Rama. Inutile aggiungere l’elenco di altri vuoti e assenze.
Indispensabile, tuttavia, ricordare che la conferenza stampa è stata criticata dal Consiglio Nazionale dei giornalisti e dal silenzio della stampa parlamentare sempre formalmente promotrice della riunione che doveva essere di fine anno. Ma ancora più forte e singolare, anche questa primizia meloniana, preceduta comunque per più giorni dalla protesta della Federazione della Stampa, assente dall’incontro e in silenziosa sfilata all’esterno del Parlamento.”
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