A Roma, nella Sala della Protomoteca in Campidoglio si è tenuto un incontro tra gli Enti locali per discutere di Pace e cooperazione internazionale. Il sindaco di Firenze Dario Nardella ha lanciato una proposta ai suoi colleghi: «Andiamo insieme a Kiev, andiamo insieme a Gerusalemme a fare un incontro, andiamo a occupare noi lo spazio della guerra e dell’odio. Andiamo ad ascoltare, che è la cosa più umana che possiamo fare con chi è in guerra, ma poi agiamo».
«Sono stato in Israele con l’idea di stare due giorni per incontrare il sindaco di Tel Aviv e il sindaco di Betlemme, e non è stato facile. In un clima così teso e pesante non c’è voglia di pace. Il sindaco di Tel Aviv quasi in lacrime, un sindaco progressista che ha promosso gemellaggi con le città palestinesi, mi ha detto: `la mia generazione ha fallito´. Certo, non potevo dire `pensa ai 29mila morti in Palestina, ai bambini´. E allora ho buttato lì la parola `pace´. Mi ha risposto: `non è il tempo per fare la pace´».
«Ma La Pira diceva che `la pace per farla bisogna prepararla´. Per quello, citandolo, ho replicato: `Capisco che per ora non sia il momento, ma almeno comincino a prepararla, ad ascoltarci, perché io sono venuto per questo´. E qui mi ha risposto: `quando sarà il momento noi ci saremo´. Quando arriverà il momento, noi ci dovremo essere, l’Italia ci deve essere».
«A Betlemme ho sentito lo stesso ragionamento rovesciato: fino a quando Israele fa quello che fa, mi ha detto, non possiamo volere la pace. E’ un processo difficile, dobbiamo essere artigiani di pace e noi sindaci siamo artigiani. Le citta nascono come luoghi di pluralismo, di complessità. Le citta possono fare più degli Stati – ha concluso Nardella – perché non sono oppresse dalla ragione di Stato, perché sono espressione diretta dei cittadini, perché non hanno una politica ma tante politiche. La Pira non era pazzo, era un visionario».