Nel cinquantesimo anniversario della strage fascista di piazza della Loggia il signor presidente del Consiglio Giorgia Meloni è andata a Caivano per una passerella elettorale.
A Caivano ha incontrato il presidente della regione Campania e ha utilizzato il saluto che istituzionalmente si deve ai presenti per rinfacciare in maniera stizzita e rancorosa la definizione di “stronza” che De Luca le aveva dato (ma in privato e ripreso di nascosto) dopo che l’ex missina o chi per lei al governo o in prefettura aveva fatto fermare con la forza la manifestazione dei sindaci campani e la nipotina di Almirante ironizzava.
Mentre a Caivano la nostra si dedicava al rancore elettorale a Brescia, in un mirabile discorso, Mattarella diceva, tra le altre cose: «Gli ideatori, gli esecutori, i complici di quella strage (di Brescia, ndr) volevano riportare il tempo indietro: a una stagione oscura, segnata dall’arbitrio della violenza, dalla sopraffazione, sfociata nella guerra. In Italia c’era chi tramava e complottava per instaurare un nuovo regime autoritario”.
Giorgia Meloni, ex missina e ammiratrice di Giorgio Almirante, non ha dedicato nemmeno una parola in ricordo di piazza della Loggia e delle vittime della violenza fascista. Sui social parlava d’altro. Fascisti che – come emerge dagli atti – non raramente prima o durante le loro gesta eversive avevano in tasca la tessera del Msi, come a Peteano.
Scegliendo di disertare Brescia, di ignorare la strage fascista e di calpestare il decoro istituzionale per manifestare livore verso De Luca Giorgia Meloni si è dimostrata ancora una volta non il o la presidente del consiglio ma la capo-popolo di Colle Oppio in nome e per conto degli ex missini che non spengono la fiamma di mussolina memoria
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