L’obiettivo del governo Meloni e della destra italiana di picconare la costituzione e l’equilibrio dei poteri dello Stato è ormai palese e, secondo quanto scrive il magistrato Edmondo Bruti Liberati su La Stampa, anche l’ultima riforma proposta sulla separazione delle carriere va in quella direzione.
«La riforma del governo presentata originariamente come `separazione delle carriere giudici-Pm´ è in realtà una radicale riscrittura del sistema di governo della magistratura e dello stesso equilibrio tra i poteri dello Stato, legislativo, esecutivo e giudiziario, previsto dalla Costituzione del 1948».
«L’obbiettivo è dunque altro. Ad assicurare imparzialità e terzietà del giudice stanno le norme del processo, certo sempre migliorabili: dati statistici incontrovertibili mostrano che, quando lo ritengono, giudici non esitano ad assolvere gli imputati portati a giudizio, che, ancor prima, Giudici delle indagini preliminari, non esitano a ridimensionare o respingere le richieste di custodia cautelare dei Pm e così i Tribunali del riesame. Ma si vuole andare ben oltre».
«Tutti assicurano di voler garantire l’indipendenza del Pm. Ma guardandosi in giro per l’Europa vediamo che il Pm separato è ineluttabilmente destinato a una qualche sottoposizione all’esecutivo, che peraltro nei paesi di più salda democrazia è gestita con grande self-restraint. Ma non ovunque è così. E possiamo noi permetterci di correre questo rischio? La cronaca nostrana ci mostra che già oggi non pochi esponenti politici (e di non piccolo rilievo) non esitano ad intervenire in censure delegittimanti su questa o quella iniziativa di pm. La sottoposizione del pm all’esecutivo, che oggi si respinge, trova con questa riforma una strada aperta».
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