La Cgil di Calabria e Sicilia, in una durissima nota si scagliano contro il governo Meloni e il progetto per il Ponte sullo Stretto. «Non è il Ponte sullo Stretto l’opera necessaria che possa rilanciare lo sviluppo della Sicilia e della Calabria e dello stesso Mezzogiorno. Un’opera inutile e dannosa il cui progetto lacunoso ha come presupposto un’analisi costi-benifici irrealistica – con costi di realizzazione esponenziali e fuori controllo – che comporterebbe gravi impatti ambientali, paesaggistici e naturalistici. Determinati, tra l’altro, dall’enorme problematicità della gestione dei cantieri disseminati in tutta l’area dello Stretto che metteranno in crisi, per anni, le Città di Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni. Ambiti in cui il progetto è stato giudicato carente anche dal ministero dell’Ambiente che ha presentato 280 osservazioni».
«In questo contesto, poi, la questione degli espropri legati alla costruzione del Ponte ha assunto sempre più centralità. Un’opera che produce danni anche senza essere realizzata. Per poter erigere l’opera e aprire i cantieri richiede infatti l’esecuzione di espropri di case, terreni, immobili di privati cittadini investiti dai disagi e costretti a lasciare l’abitazione per andare non si sa dove e neppure con quale indennizzo».
«E’ un grave errore, pertanto, considerare la realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina come l’elemento strategico della modernizzazione infrastrutturale del Mezzogiorno. La Sicilia e la Calabria hanno bisogno di grandi reti merci e passeggeri, di connessioni trasversali Est-Ovest, in grado di togliere dall’isolamento fisico le popolazioni che vivono nelle aree interne; hanno bisogno di una effettiva specializzazione del sistema portuale, di una migliore connessione con la rete ferrovia e stradale ed una più efficace digitalizzazione ed Ict; hanno bisogno di valorizzare i sistemi produttivi locali di eccellenza incrementando l’accessibilità ai mercati nazionali ed esteri; hanno bisogno di aumentare l’accessibilità ai poli turistici e di mettere in sicurezza le infrastrutture esistenti».
Come non è più rinviabile, secondo la Cgil, «in particolar modo per la Sicilia, la necessità di porre mano ad un intervento sistemico per affrontare le problematicità inerenti al dissesto idrogeologico e all’endemico disservizio della rete di approvvigionamento e distribuzione idrica anche in relazione alle criticità determinate dai ripetuti fenomeni di siccità. Riteniamo, pertanto, prioritarie – prosegue la nota – la realizzazione dell’alta velocità Salerno-Reggio Calabria che rischia di fermarsi a Romagnano; il completamento della elettrificazione e messa in sicurezza della ferrovia jonica Sibari-Reggio Calabria; il miglioramento del sistema di mobilità dell’area centrale dello Stretto; il completamento della Messina-Catania-Palermo e il raddoppio della Messina-CataniaSiracusa che continuano a procedere a rilento. Indispensabile è poi la messa in sicurezza del sistema autostradale siciliano e calabrese, portando a compimento la realizzazione dell’E90 (Ss 106), meglio conosciuta come la «strada della morte».
È essenziale, invece, scrive la Cgil, «riaprire una nuova stagione di programmazione per le due regioni le cui potenzialità di sviluppo socio economico sono frenate dall’involuzione delle politiche messe in atto dal governo nazionale e dai governi regionali attraverso: la centralizzazione delle Zes, lo smantellamento del Reddito di Cittadinanza, la revisione del Pnrr che definanzia molte opere strategiche, il blocco del Fondo di Sviluppo e Coesione e sottraendo, tra l’altro, 2.100 milioni alle due regioni interessate, lo svuotamento del Fondo perequativo infrastrutturale, portate avanti in una logica neocentralistica che annulla il ruolo delle Autonomie, soprattutto dei Comuni. Atti politici regressivi, questi, che lungi dal ridurre gli squilibri territoriali finiscono per acuirli accentuandone i ritardi, colpendo le popolazioni e indebolendo lo stesso sistema produttivo che non è adeguatamente supportato. È necessario, invece, – prosegue la Cgil – dare corso ad un intervento dello Stato attraverso le sue partecipate pubbliche per disegnare un nuovo piano di sviluppo industriale e costruire una programmazione di interventi mirati e coerenti. Portando a compimento la digitalizzazione della pubblica amministrazione. Sviluppando la connessione, attraverso una infrastruttura di rete, di tutte le aree del Mezzogiorno. Realizzando la messa a sistema, per quanto concerne i Porti, delle aree logistiche integrate e l’utilizzo dei retroporti per l’attività industriali». La Cgil chiede «un piano industriale di sviluppo per le due regioni del Mezzogiorno che incentivi la produzione di energia, prevedendo investimenti nelle rinnovabili e diffondendo le comunità energetiche rinnovabili. Una politica dei trasporti che privilegi il trasporto pubblico, esaltando il trasporto pubblico locale e regionale, il trasferimento da gomma a ferro e marittimo nei trasporti a lunga percorrenza. È necessaria una nuova attenzione all’economia circolare e alla gestione dei rifiuti con un approccio che miri a ridurre al minimo lo spreco di risorse e l’impatto ambientale. La transizione ambientale e la filiera agroalimentare costituiscono un versante di grande rilevanza nel Mezzogiorno e in modo particolare in Sicilia e Calabria, con alle spalle un sistema portuale di supporto per la commercializzazione imponente. È necessario porre mano alle bonifiche dei siti contaminati, aree spesso caratterizzate dalla presenza di discariche. E che costituiscono, una vera emergenza ambientale e sanitaria per i lavoratori e le comunità interessate. Il Mezzogiorno non può ridursi a una mera questione di infrastrutture ma non c’è dubbio che per dare qualità ad una nuova stagione di programmazione sia necessario dare risposta al grande tema della mobilità e della comunicazione, sia all’interno dell’area meridionale, che di collegamento ai grandi attraversamenti all’interno della Unione Europea. Condizione questa necessaria affinché il Mezzogiorno incroci la domanda nel campo delle grandi reti logistiche globali».
È in questo contesto che vanno inserite le politiche infrastrutturali nelle due regioni, «oggi fanalino di coda – si evidenzia – per le pessime condizioni in cui versano le linee ferroviarie e quelle stradali. Le ingenti risorse finanziarie disponibili tra Pnrr, Pnc, Fondi strutturali europei, Fondi nazionali vanno spese nei tempi dovuti e in modo corretto e trasparente, sottraendole al pericolo di una gestione clientelare che possa aprire il varco a fenomeni corruttivi e di penetrazione delle mafie nel sistema degli appalti pubblici. È indispensabile esercitare, sull’insieme delle questioni evidenziate, una attenzione continua che promuova – conclude la Cgil – un controllo sociale assieme alla capacità di mobilitazione e d’iniziativa del movimento sindacale».