Ha detto bene Kets De Vries: “il potere è un grande narcotico: dà vita, nutre, ci rende schiavi”. Una volta narcotizzati, a destra come a sinistra e a centro, sembra quasi facile stilare un elenco dei sintomi che si manifestano. Provo ad elencare quelli che ritengo più vistosi: elementi di immaturità umana e incapacità tecnica; perdita dei riferimenti ai principi etici fondanti e allo spirito di servizio; sentimento di superiorità nei confronti di tutti e di tutto, in particolare di leggi e procedure; mancanza di esemplarità nel comportamento pubblico e privato; tendenza ad occupare il potere ad ogni costo, in genere per tornaconto personale e/o di gruppo; aumento dei costi relativi all’esercizio del potere, con frequenti utilizzi di risorse e privilegi istituzionali per fini privati; aumento del divario nel rapporto con i membri dell’istituzione; atteggiamenti di basso profilo culturale; approccio superficiale alle emergenze, raramente affrontate con l’intento di sanare il tessuto sociale, culturale e politico in radice; utilizzo non corretto dei mezzi di comunicazione sociale, spesso solo usati per carpire consensi; limitazioni della libertà di stampa; disinteresse, e spesso ostilità, a favorire percorsi di educazione e partecipazione, di corresponsabilità e verifica comunitaria della vita istituzionale; coinvolgimento in reati di corruzione, concussione, peculato, abuso d’ufficio, ricettazione e associazioni a delinquere, anche di stampo mafioso; partecipazione a realtà politico-mafiose e centri di potere occulto, per esempio le associazioni massoniche deviate (come la P2 e affini).
Certo c’è chi esercita il suo potere senza cadere in queste forme narcotiche, ma c’è anche chi si narcotizza e anche spesso. Sono la maggioranza? Sono la minoranza? Difficile a dirsi. È la stessa domanda che ci potremmo fare su adolescenti e giovani che fanno uso di sostanze stupefacenti. Sono minoranza o maggioranza? Ma il primo problema non è quello dei numeri (per quanto importante) ma ciò che cittadini e responsabili di istituzioni fanno quando riscontrano uno o più dei sintomi citati.
Le dimissioni (o l’invito a dimettersi da parte dei superiori nella catena di comando) sono molto fuori moda. Chi sbaglia paga vale solo per gli altri, non per sé o per i miei protetti. Quindi “evitato” lo scoglio dimissioni (spesso con scuse ridicole) si passa alla ricerca del capro espiatorio (a seconda dei casi: la stampa o la magistratura o l’opposizione politica o la cattiveria di compagnie discutibili), fino all’intento di modificare leggi perché questo tipo di notizie abbia meno rilievo e faccia meno rumore. Senza dimenticare che il dio potere, da coloro che sono narcotizzati, è sempre in coppia con il dio consenso, quindi tutte le parole e le bugie devono passare attraverso il bilancino degli addetti alla comunicazione, che dettano regole e parole sulla base di calcoli di consenso.
Un’istituzione che si comporta così è ovviamente seriamente malata; ciò non vale solo per la politica, ma per tutte le istituzioni (culturali, educative, religiose, economiche, amministrative). Il problema, infatti, non è politico ma è prima di tutto culturale, in particolare etico. Finché l’essere onesti, corretti, rispettosi degli altri e delle istituzioni, solidali e accoglienti, dediti e disponibili, pronti a riconoscere le proprie responsabilità e a educarsi, sarà ritenuto un’opzione per falliti o una bella favola, la situazione non migliorerà anzi peggiorerà. Finché parliamo solamente di formazione e non formiamo noi stessi e gli altri, a seconda delle nostre responsabilità, il baratro si avvicinerà sempre più.
I fondamenti etici delle persone e delle istituzioni non sono frasi retoriche di circostanza. Sono l’essenza della mia dignità. Coloro che si narcotizzano con il potere la propria dignità l’hanno macchiata o, addirittura, persa da tempo. Certo ci sono ancora tanti – grazie a Dio – che non hanno venduto l’anima al potere e al denaro. A loro il compito di resistere ed educare, con fermezza, coerenza e indignazione per tutte le forme narcotiche. Scriveva Norberto Bobbio: “Per quanto io sia pieno di ammirazione per le grandi scoperte nel campo sella scienza, ammiro con più devota reverenza la nobiltà di una coscienza morale. (…). In forma più drastica: non sono sicuro che la bomba a idrogeno salvi il mondo; potrebbe distruggerlo. Sono sicuro che la coscienza morale non solo non lo distrugge, ma, se sarà distrutto, lo salverà”.