L'attacco di Meloni a Ventotene ci ha dato una opportunità: mettere al centro la parola 'socialista'
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L'attacco di Meloni a Ventotene ci ha dato una opportunità: mettere al centro la parola 'socialista'

E’ il socialismo, nella sua evoluzione dinamica nel corso della storia, con i suoi errori e le sue mancanze storiche e politiche, con le sue diversità, che può dire agli europei perché questa sinistra, socialista, è anche europeista

L'attacco di Meloni a Ventotene ci ha dato una opportunità: mettere al centro la parola 'socialista'
Il confino di Ventotene
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

20 Marzo 2025 - 13.06


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Nella vita è molto importante avere una bussola, soprattutto se ci troviamo nella tempesta. La mia è “Il Fatto Quotidiano”: leggo il loro titolo e vado in direzione opposta. E’ successo anche questa mattina quando ho letto che con il “caso Ventotene” la sinistra è caduta nella trappola di Giorgia Meloni. Mi ero svegliato con un dubbio: perché sento che questo attacco è un’opportunità? Può essere così? Il titolo del Fatto mi ha aiutato molto a prendere la mia strada. Questo discorso di Giorgia è un’opportunità. E’ un’opportunità per recuperare il senso delle parole, e dire quali siano le proprie. Ora dunque la sinistra esiste? No. Non esiste. Come non esiste esiste l’Europa. L’Europa non esiste perché non crede in stessa, questo è evidente. Anche la sinistra non esiste perché non crede in sé stessa. E non ci crede più dall’89, quando molti nel più grande partito della sinistra, il PCI, hanno sentito di aver perso. La sconfitta dell’Unione Sovietica la vivevano come la sconfitta di una cultura, di una visione del mondo, quindi per sopravvivere occorreva entrare nell’altra.

Il Manifesto di Ventotene ci dice che non è così e lo fa con una frase elementare, chiarissima, che Giorgia Meloni ha letto ma non ha voluto citare. Infatti nella sua “allocuzione” lei ha detto che il Manifesto di Ventotene parla di rivoluzione socialista, che è vero, ma si è fermata lì, non ha voluto leggere le parole che seguono. E quali sono queste parole? Eccole qui: “La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista, cioè dovrà proporsi l’emancipazione delle classi lavoratrici e la creazione per esse di condizioni più umane di vita”.

Io non credo che serva molto altro per dire al Movimento 5 Stelle da chi sia fatta la sinistra, cioè quelli che ormai dovrebbero definirsi socialisti, e che se loro, che si dicono progressisti, volessero allearsi con essa devono tener conto di questa “ideologia non ideologica” e dell’ orizzonte europeo. 

Dunque Giorgia Meloni ci ha dato la possibilità di tornare a dirci “socialisti”, senza alcuna egemonia, a partire da quella di chi questa parola condannata dalla strana storia della sinistra italiana ancora pretende di poter usare, e di chiarire agli interlocutori chi siamo, a cosa ci richiamiamo e se si ritengano compatibili o meno con essa. 

E’ il socialismo, nella sua evoluzione dinamica nel corso della storia, con i suoi errori e le sue mancanze storiche e politiche, con le sue diversità, che può dire agli europei perché questa sinistra, socialista, è anche europeista: perché solo la prospettiva europea li libera dal nazionalismo che ha contrapposto francesi e tedeschi, italiani e austriaci e così via, e quindi può tutelare le nostre differenze ma anche renderci vicini, per creare un progresso continentale, credente e non credente, attento al Vangelo ma non confessionale, per dare alla classi lavoratrici “condizioni di vita più umane”.

E’ impossibile liberarsi dal fantasma del socialismo, parola proibita ormai da decenni nella sinistra, per ritrovarsi. Perché il socialismo è plurale, non è dogmatico, non è ideologico, non è definibile meglio di così: “ l’emancipazione delle classi lavoratrici e la creazione per esse di condizioni più umane di vita”. 

Le classi lavoratrici, non la “classe”, sono gli occupati, gli inoccupati, i disoccupati, gli esclusi, gli emarginati, quelli ai quali oggi viene negata una cultura di riferimento nella dittatura della cultura borghese perché l’unica rimasta. Occorre dunque ricreare una cultura di riferimento che nei differenziali sociali ridia una casa culturale anche a chi borghese non può diventare, perché non ne ha le condizioni.

Il treno della storia ci offre oggi questa grande occasione: tornare ad avere un orizzonte politico nel nome del quale perseguire un orizzonte socio-culturale. E’ questo il nesso tra rivoluzione socialista e rivoluzione europea. Se si continua a nascondere la parola “socialismo” si continua a negare la propria identità, che non è un’identità chiusa, settaria, è un’identità dialettica, aperta anche al confronto interno, al chiarimento, al cambiamento. Ma è. 

Giorgia Meloni, involontariamente forse, ci ha offerto l’occasione di riscoprirla, rivendicarla, di recuperarla, partendo da ciò che con termini da riadattare all’evoluzione storica e del pensiero hanno mosso chi, portato al confino di Ventotene dai fascisti, vedeva un orizzonte socialista ed europeo ne termini possibili in quel luogo, in quelle condizioni storiche. 

Questo ci consentirà di riprendere il filo di un discorso europeista nel quale i socialisti non possono non credere sebbene siano consapevoli che l’Europa non c’è perché non crede in se stessa, come non ci crede Giorgia Meloni. 

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