Disciplina a metà strada tra l’ingegneria e la biologia molecolare, sviluppata agli inizi degli anni Duemila nelle facoltà di ingegneria biologica, la biologia di sintesi sarà la chiave di volta per progettare missioni umane a lungo termine su Marte e Luna? La risposta è sì, almeno stando alle ultime ricerche del Berkeley Lab che da tempo lavora perché il Biomanifacturing a base microbica possa semplificare e garantire una missione umana di lunga durata – viaggio A/R e insediamento in loco – su siti extraterrestri.
Con il termine biologia di sintesi (o biologia sintetica, dall’inglese synthetic biology) si intende la riprogettazione e la produzione dei sistemi biologici che troviamo in natura. E non solo: progettare e fabbricare componenti e sistemi biologici ex novo. Ridisegnare i circuiti metabolici e genetici degli organismi viventi per creare organismi sintetici può essere la rivoluzione scientifica con cui sviluppare alternative pulite, verdi e sostenibili, ai combustibili tradizionali, produrre cibo in condizioni estreme, elaborare farmaci on demand.
«La biologia di sintesi può aiutarci a progettare viaggi interplanetari pratici e sostenibili, anche per gli astronauti coinvolti nella missione», spiega Adam Arkin, direttore della Physical Biosciences Division al Berkeley Lab e fra i massimi esperti di biologia di sintesi. «Una scienza che può diventare risolutiva una volta giunti a destinazione per un insediamento hi-tech, dove coltivare tutto quel che può tornare utile alla cucina della missione. Parliamo quindi di nuovi tipi di carburante, scorte alimentari completamente re-ingegnerizzate, chimica e farmaci per il benessere degli astronauti».
Arkin è anche il primo autore di un articolo uscito sul Journal of the Royal Society Interface dove si riporta un’analisi tecnico economica del contributo di una biologia di sintesi all’esplorazione spaziale. Coautori: Amor Menezes, post doc dell’Università della California, John Cumbers e John Hogan, NASA Ames Research Center. «La biologia di sintesi ci permette di progettare i processi biologici a nostro vantaggio, con notevole risparmio sui costi», si legge nel paper.
Tenendo in conto quattro aree di destinazione della ricerca – produzione di carburante, implementazione scorte alimentari, sintesi di bioplastiche e sviluppi farmaceutici – in vista di un ipotetico viaggio su Marte per una durata complessiva di 916 giorni, il biomanifacturing a base microbica potrebbe ridurre la massa complessiva del carburante necessario al viaggio in una percentuale del 56%. Per la dispensa è previsto un risparmio del 38%. Costruire in loco (una volta arrivati a destinazione) la struttura per ospitare l’equipaggio grazie all’utilizzo di stampanti 3d comprimerebbe la massa da trasportare addirittura dell’85%.