Il gigante ICARUS va verso il Cern
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Il gigante ICARUS va verso il Cern

Dal 2010 ha osservato, sotto la montagna del Gran Sasso, il fascio di neutrini che arrivava dalla Svizzera, dopo un percorso di 730 km attraverso la crosta terrestre.

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10 Dicembre 2014 - 19.02


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di Antonella Varaschin

È iniziato il lungo viaggio del più grande rivelatore ad argon liquido: il gigantesco cacciatore di neutrini ICARUS ha, infatti, lasciato la scorsa notte i Laboratori del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) alla volta del CERN (Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare) di Ginevra. ICARUS T600 – questo è il suo nome completo – dal 2010 ha osservato, sotto la montagna del Gran Sasso, il fascio di neutrini che arrivava dal CERN, dopo un percorso di 730 km attraverso la crosta terrestre. Ora ICARUS, con un delicato trasporto per mezzo di due convogli eccezionali, viene trasferito al CERN per la manutenzione e l’upgrade delle performance, in previsione di un suo probabile impiego futuro negli Stati Uniti. I fisici lo considerano elemento essenziale, e attualmente insostituibile, per un esperimento con neutrini a bassa energia del Fermilab di Chicago. ICARUS è, infatti, l’unico rivelatore al mondo con più di 600 tonnellate di argon, e ha mostrato di funzionare in modo appropriato.

La tecnologia di ICARUS, proposta originariamente nel 1977 dal Premio Nobel per la Fisica Carlo Rubbia, che tutt’oggi è portavoce dell’esperimento, rappresenta così un esempio del primato italiano dell’IicarusNFN nel proporre una soluzione originale, la cui validità è stata provata dal successo dell’esperimento ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso, che ha mostrato di ottenere una rivelazione precisa di neutrini ottenuti artificialmente in acceleratori, come quelli del fascio dell’esperimento CNGS (Cern Neutrinos to Gran Sasso), in attività dal 2006 al 2012. L’esperimento coniuga così l’originalità dell’idea con la precisione e l’efficienza della realizzazione tecnica.

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La tecnologia ICARUS T600 è un rivelatore a ionizzazione ad argon liquido (600 tonnellate di gas liquefatto). Il sistema di criogenia dell’impianto di purificazione dell’argon e dell’elettronica di lettura del rivelatore è unico e originale, ed è stato sviluppato in Italia dalle Sezioni dell’INFN. La tecnica di rilevazione permette di osservare gli eventi ionizzanti nei processi di neutrini o altri eventi rari. Il rivelatore è completamente elettronico, continuamente sensibile e si comporta come un’enorme macchina fotografica tridimensionale che visualizza gli eventi su un volume di 6 metri di larghezza, 18 di lunghezza e 4 di altezza, con la risoluzione del millimetro. Il principio di funzionamento è basato sul fatto che, nell’argon liquido estremamente puro, gli elettroni liberati da particelle ionizzanti possono essere facilmente trasportati su distanze macroscopiche (metri) da un campo elettrico uniforme, ed essere raccolti da una struttura anodica multifilo, collocata alla fine del percorso di deriva: questa struttura è costituita da tre piani di fili distanti fra loro 3 millimetri, con fili spaziati 3 millimetri, che costituiscono quella che viene chiamata dai fisici “camera a fili”.

I segnali raccolti dai circa 52.000 fili, elaborati da un complesso sistema elettronico, permettono così la ricostruzione a computer dell’immagine dell’evento subnucleare. “Una delle proprietà più marcanti di questa tecnologia – sottolinea Carlo Rubbia – è l’estrema purezza dell’argon liquido, che permette di mantenere liberi gli elettroni prodotti, e che si misura in parti per trilione (un trilione è un uno preceduto da ben 12 zeri) equivalenti di ossigeno residuo dell’aria da cui viene inizialmente estratto l’argon”. La tecnologia di ICARUS e le sue prestazioni destano pertanto grande interesse nella comunità scientifica per l’impiego in futuri esperimenti sul neutrino su fasci a breve e lunga distanza, come quello al quale stanno lavorando i fisici al Fermilab di Chicago. Per questa ragione, finita l’attività nei LNGS dove ICARUS ha raccolto alcune migliaia di eventi di neutrino, viene ora trasferito al CERN per la messa a punto in preparazione di nuove importanti sfide.

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ICARUS, una volta uscito dal tunnel del Gran Sasso, al cui interno si trovano i Laboratori Nazionali dell’INFN, ha dovuto effettuare uno stop tecnico di alcune ore in un’area si sosta dell’autostrada, per consentire i lavori di ripristino dell’assetto del tir utilizzato per il trasporto, che era stato ribassato al fine di permetterne l’uscita dal tunnel. ICARUS risalirà tutta l’Italia, passando per Roma, Genova e quindi Torino. Infine, imboccherà il traforo del Monte Bianco e oltrepasserà così le Alpi per poi arrivare a Ginevra, nei laboratori del CERN: il viaggio durerà circa una settimana.

«Nei giorni precedenti il trasporto, nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso si è lavorato per garantire che le operazioni di uscita del rivelatore di ICARUS avvenissero nella maniera più sicura e lineare possibile, nel rispetto della preziosità e delicatezza della camera», spiega Chiara Zarra, coordinatore per le operazioni di movimentazione e trasporto di ICARUS. «Le straordinarie misure dell’oggetto hanno dovuto fare i conti con la presenza di nuovi grandi esperimenti e con una configurazione della sala particolarmente vincolante, – prosegue Zarra – l’assetto dei laboratori sotterranei è infatti molto cambiato rispetto a quando ICARUS ha fatto il suo ingresso nel 2000 ed è quindi stato necessario apportare le giuste modifiche ai numerosi equipment attualmente installati e apprestare idonee misure per garantire la massima sicurezza anche degli altri apparati sperimentali presenti: il margine di manovra è stato infatti molto stretto e la tolleranza durante la traslazione era dell’ordine dei centimetri».

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«È stato fondamentale poter contare sulla simulazione 3D effettuata dal team Cern e, di concerto con lo staff di ricercatori e tecnologi, una squadra di tecnici impiantisti e gruisti specializzati ha presieduto e vigilato sull’intera durata delle varie fasi operative: il lavoro di squadra LNGS-CERN e la cooperazione di tutti, incluse le altre collaborazioni sperimentali, hanno permesso la riuscita dell’operazione e l’inizio del “viaggio”, conclude Zarra.

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