Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori guidati da Carolina Kehrig, una ricercatrice presso l’Institute of Astrophysics of Andalusia, ha permesso di identificare vaste regioni di elio ionizzato nell’oggetto I Zwicky 18 (IZw18), una galassia nana irregolare situata a quasi 60 milioni di anni luce dalla Terra nella costellazione dell’Orsa Maggiore. I risultati, pubblicati su Astrophysical Journal, permettono da un lato di far luce su un problema astrofisico, proponendo una nuova interpretazione sull’origine della radiazione ionizzante presente in questa galassia, e dall’altro di ricavare indirettamente degli indizi sulle condizioni fisiche che caratterizzavano l’Universo primordiale.
Le prime galassie, apparse circa 13,3 miliardi di anni fa, sono composte sostanzialmente da idrogeno ed elio, che rappresentano gli elementi principali formatesi subito dopo il Big Bang. Finora, lo studio di queste galassie primordiali è risultato tecnicamente difficile a causa dell’enorme distanza. Tuttavia, gli astronomi escogitano una sorta di “trucco”: osservare galassie analoghe e più vicine in termini di distanze cosmiche. «Nell’universo locale, IZw18 è la galassia nana che presenta la più bassa abbondanza di metalli ed è quella che assomiglia di più alle galassie primordiali», spiega Carolina Kehrig, una ricercatrice presso l’Institute of Astrophysics of Andalusia e autrice principale dello studio. «Essa ci permette di ricavare preziosi indizi sulle condizioni fisiche che caratterizzavano l’Universo delle origini».
Lo studio ha permesso di trovare in questo oggetto vaste regioni di elio ionizzato, che tende ad essere più frequente nelle galassie più distanti che hanno una bassa percentuale di metalli. La ionizzazione dell’elio implica la presenza di oggetti che emettono una radiazione così intensa da “strappare” gli elettroni agli atomi di elio. «Il nostro gruppo propone una nuova interpretazione sull’origine di questa radiazione nella galassia IZw18, un problema astrofisico che non è stato ancora chiarito», dice Kehrig.
Grazie all’uso dello spettrografo PMAS installato presso il telescopio di 3,5 metri dell’Osservatorio di Calar Alto, i ricercatori hanno ottenuto la prima immagine dettagliata di questa regione di IZw18 per cui è stato possibile analizzare le sorgenti di radiazione ionizzante. Le sorgenti tradizionali di radiazione ionizzante, come le stelle Wolf-Rayet, oggetti massicci che esibiscono violenti venti stellari oppure onde d’urto generate dai resti di supernova, non forniscono quell’energia necessaria per spiegare l’alone di elio ionizzato presente nella galassia IZw18, perciò gli astronomi hanno considerato altre possibilità. «I nostri dati puntano al fatto che le stelle estremamente calde, come quelle supermassicce che hanno un basso contenuto di metalli, o quelle che sono praticamente prive di metalli, possono essere la chiave per risolvere l’enigma dell’elio ionizzato nella galassia IZw18, anche se l’esistenza di queste stelle non è stata ancora confermata dalle osservazioni», continua Kehrig.
Dovremmo parlare di stelle super calde analoghe a quelle della prima generazione, note come stelle di popolazione III, che secondo i modelli teorici sarebbero costituite quasi esclusivamente da idrogeno ed elio e potrebbero essere centinaia di volte più massicce del Sole. Gli scienziati ritengono che queste stelle abbiano giocato un ruolo decisivo nel processo di reionizzazione dell’Universo durante il quale le prime stelle e le prime galassie sono diventate visibili e di cui sappiamo ancora molto poco.
«IZw18 è stata sempre una galassia speciale che attira curiosità perché mostra sempre situazioni estreme», spiega a Media INAF Monica Tosi, Vice Presidente INAF – Osservatorio Astronomico di Bologna. «E’ la galassia più povera di metalli fra quelle con forte formazione stellare in atto. Per giunta contiene un’altissima percentuale di gas e la concomitanza di queste circostanze suggerì, quando fu studiata per la prima volta, una trentina di anni fa (anche se identificata da Fritz Zwicky negli anni ’30), che fosse una galassia giovanissima, appena formata, e quindi praticamente una galassia ‘primordiale’ dietro l’angolo (si fa per dire: si trova comunque a 18 Megaparsec), invece che ai confini dell’Universo. Da allora l’hanno studiata in tanti e non ha mai smesso di stupire. La sorpresa più grande è stata quando l’Hubble Space Telescope mostrò prima indizi concreti (Aloisi et al. 1999), poi prove inoppugnabili (Aloisi et al. 2007, Annibali et al. 2013), tutti articoli a firma INAF o di collaboratori INAF, sul fatto che IZw18 non è affatto giovane, ma contiene stelle vecchie di miliardi di anni. Ad un congresso intitolai un mio intervento su di lei ‘IZw18, il ritratto di Dorian Gray’, perché davvero ricorda il protagonista di Oscar Wilde che rimaneva giovane e bello a dispetto del passare degli anni e delle nefandezze che compiva (che però invecchiavano e imbruttivano inesorabilmente il suo ritratto)».
«L’articolo in questione presenta uno studio spettroscopico dell’elio ionizzato e mostra che ancora una volta IZw18 è davvero un caso speciale, perché gli autori hanno misurato un flusso ben superiore a quel che si ci potrebbe aspettare da stelle massicce ‘normali’. La loro ipotesi è che questa emissione anomala sia prodotta da stelle molto massicce (con massa superiore a 300 volte la massa del Sole) e di bassissima metallicità, o addirittura da stelle praticamente senza metalli (con composizione chimica primordiale) che ruotano a velocità elevate. Ipotesi interessanti che vale certamente la pena approfondire con ulteriori studi, sia spettroscopici che fotometrici», conclude Monica Tosi.