Quelle stelle già vecchie in un corpo da giovani
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Quelle stelle già vecchie in un corpo da giovani

Scoperte delle stelle giganti rosse che risultano vecchie se si guarda la loro composizione chimica, ma giovani se si considera la struttura interna. <br>

Quelle stelle già vecchie in un corpo da giovani
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11 Aprile 2015 - 18.20


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di Stefano Parisini

Stelle giganti rosse con l’orologio chimico mal funzionante. E’ quanto scoperto da un gruppo internazionale di astrofisici, guidati da Cristina Chiappini dell’Istituto Leibniz di Astrofisica a Potsdam, in Germania, già ricercatrice presso l’Osservatorio Astronomico di Trieste dell’INAF. Le caratteristiche chimiche sono quelle peculiari di stelle anziane, ma se la loro età viene desunta tramite l’astrosismologia – un approccio che permette di ricostruire la struttura interna delle stelle osservandone e interpretandone le pulsazioni – allora le presunte vegliarde si rivelano sorprendentemente più giovani.

L’esistenza di questo tipo di stelle, poco conosciute finora, non può essere spiegata attraverso i modelli standard di evoluzione chimica della Via Lattea, per cui gli scienziati suppongono che la storia dell’arricchimento chimico del disco galattico debba essere più complessa di quanto previsto.

In questo contesto, la locuzione archeologia galattica viene usata dai ricercatori per riferirsi al fatto che la storia della Via Lattea può essere desunta non solo dalle abbondanze relative dei vari elementi chimici osservabili nelle atmosfere stellari, ma anche dai moti che scuotono le stelle medesime.

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Uno dei pilastri dell’archeologia galattica è l’utilizzo dei rapporti di abbondanza chimica come indicatori indiretti dell’età. Questo è possibile grazie al fatto che le esplosioni di supernova arricchiscono il mezzo interstellare degli elementi chimici più pesanti dell’elio, prodotti a velocità diverse nelle varie reazioni di nucleosintesi. In particolare, l’abbondanza relativa di elementi alfa (come carbonio, azoto, ossigeno e altri) e di ferro (più lento a prodursi) può essere utilizzato come un orologio chimico. Un orologio che si è dimostrato piuttosto regolare per molte stelle osservate.

Tuttavia, gli autori del nuovo studio – pubblicato oggi su Astronomy & Astrophysics – hanno dimostrato che il cosiddetto arricchimento alfa/ferro, ovvero la posizione della lancetta nell’orologio chimico di cui sopra, non è una garanzia del fatto che la stella abbia effettivamente un’età così avanzata come appare. Misurando il “polso” di un gruppo di stelle giganti rosse con l’astrosismologia, i ricercatori ne hanno trovate molte che apparivano giovani, nonostante fossero più ricche di elementi alfa rispetto al Sole, e quindi teoricamente più vecchie.

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«Al momento ci sono diverse ipotesi per spiegare l’origine di questi oggetti», spiega a Media INAF Cristina Chiappini. «Il punto interessante è che queste stelle si trovano per la maggior parte verso le regioni più interne del disco galattico, dove l’interazione tra la barra centrale e i bracci a spirale può avere dato origine a uno scenario di arricchimento chimico maggiormente complesso. Esiste la possibilità che in questa regione il gas possa rimanere praticamente inerte per tempi lunghi: troveremmo quindi un gas vecchio – con alfa/ferro alto – ma che ha iniziato a formare stelle solo di recente. Per potere confermare questa ipotesi sarà necessario studiare dei campioni più numerosi e, soprattutto, in altre direzioni».

Il campione di stelle utilizzato per il nuovo studio è il risultato della collaborazione tra APOGEE, un campionamento del cielo in infrarossi ad alta risoluzione effettuato con lo Sloan Foundation 2.5-meter Telescope situato in New Mexico, e il gruppo di lavoro sulle giganti rosse di CoRoT, il telescopio spaziale dell’agenzia spaziale francese (CNES) dedicato principalmente agli studi di astrosismologia e degli esopianeti.

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«Questo lavoro», commenta Josefina Montalban, associata INAF del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Padova, fra gli autori della ricerca, «dimostra quanto siano promettenti le collaborazioni che mettono insieme le competenze e i metodi classici che osservano da terra la superficie delle stelle, con le nuove tecniche come la astrosismologia, che grazie alle missioni spaziali quali CoRoT e il futuro Plato, permettono di accedere anche all’interno delle stelle».

Come ulteriore presenza “tricolore”, allo studio hanno anche partecipato Thaise Rodrigues e Leo Girardi dell’Osservatorio Astronomico INAF di Padova, Andrea Miglio, associato INAF dell’Università di Birmingham, e Marica Valentini, ora all’Istituto Leibniz di Astrofisica di Potsdam.

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